lunedì 28 aprile 2008

ADESSO BASTA!!!

"Le braccia incrociate di Kiko tra disobbedienza e messaggi in codice"
di Gianluca Barile
CITTA’ DEL VATICANO - A braccia conserte. E’ così che l’iniziatore del Cammino Neocatecumenale, Kiko Arguello, si è presentato al cospetto del Papa al momento di ricevere la Comunione, Domenica mattina, nella Basilica di San Pietro, durante la Messa per l’ordinazione di 29 nuovi sacerdoti della Diocesi di Roma. Una vergogna. L’ennesima. Che Kiko non rispettasse l’Eucarestia, facendola amministrare ‘allegramente’ con canti e balli dai preti allevati nei seminari ‘Redemptoris Mater’ e ricevere dai fedeli del suo movimento nelle mani mentre stanno comodamente seduti, era arcinoto; ma che il ‘nostro’ potesse arrivare a tanto, a mancare di deferenza al Corpo di Cristo e al Santo Padre in questo modo, neanche il suo critico più accanito avrebbe osato immaginarlo lontanamente. Eppure è accaduto. E poco importa che dopo la Cerimonia, a favore di telecamera, Kiko, affiancato dalla fedelissima Carmen Hernandez, si sia fatto inquadrare mentre si spellava le mani per applaudire Benedetto XVI. No, è troppo comodo così: è giunta l’ora che Arguello risponda delle proprie azioni. Si trattasse di una persona qualunque, si potrebbe pensare ad un attimo di emozione, ad una ‘dimenticanza’, sia pur grave ma umana, davanti alla persona del Papa, ma parliamo del fondatore dei Neocatecumenali, di uno che, per quanto non la rispetti nelle sue catechesi, conosce benissimo la Liturgia e la Dottrina di Santa Romana Chiesa e da anni conosce Joseph Ratzinger. Dunque, come è possibile che Kiko abbia deciso di comunicarsi con le braccia incrociate davanti a Benedetto XVI? Escluse la disattenzione e la negligenza, le ipotesi sono tre: per minacciare uno scisma a causa della mancata approvazione da parte della Santa Sede degli Statuti del Cammino, il cui periodo di sperimentazione è scaduto ormai lo scorso Giugno, e allora Arguello sarebbe un estorsore; per fare pressioni su Benedetto XVI per convincerlo a dare quanto prima il proprio imprimatur agli Statuti, e allora Arguello sarebbe uno stupido, perché sa che Joseph Ratzinger non è uomo pronto a scendere a compromessi con nessuno, costi quel che costi; per ribadire che a suo avviso, e ad avviso di tutti i Neocatecumenali, nell’Eucarestia non c’è realmente Nostro Signore Gesù Cristo e che essa rappresenta solo un ‘memoriale’ della sua morte e risurrezione, cosicché si possa ricevere anche come se si tratti di una semplice caramella, malgrado a portela sia il Pontefice in persona, e allora sarebbe un protestante, nel senso religioso del termine. In nessuno di questi casi, comunque, Kiko ne uscirebbe con una bella figura. Anzi, l’impressione è che l’iniziatore del Cammino più discusso nella storia della Chiesa abbia rimediato l’ennesima imperdonabile figuraccia. Errare è umano, si sa, ma perseverare è diabolico. Così, il modo in cui Kiko si è presentato al cospetto di Pietro (già, caro Kiko, lo chiamiamo Benedetto ma il Papa - lui e non tu, fattene una ragione - è a tutti gli effetti Pietro), altro non fa che aggravare il mancato adeguamento dei Neocatecumenali alla Liturgia ufficiale della Chiesa, così come richiesto ufficialmente il 7 Dicembre 2005 dal Cardinale Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a nome del Santo Padre. Conoscendo le potenti coperture su cui può fare affidamento Arguello all’interno stesso della Chiesa, siamo certi che l’ennesimo atto di disobbedienza al Pontefice passerà sotto silenzio e senza alcun richiamo ufficiale; siamo altrettanto certi che i Neocatecumenali più integralisti, come già accaduto in circostanze precedenti, ci tempesteranno di e-mail cariche di veleno, ingiurie e minacce, a dimostrazione che le catechesi studiate per loro da Kiko, oltre a non rispecchiare gli insegnamenti plurisecolari della Chiesa, poco educano a rispettare il prossimo (in particolar modo quando dice verità scomode). Sconvolti e disgustati dalla pubblica e palese mancanza di rispetto di Kiko Arguello al Santissimo Sacramento - ricevuto, lo ripetiamo, a braccia conserte - e al Papa, noi di ‘Petrus’ invitiamo i nostri lettori a scrivere lettere ed e-mail di civile e pacifica protesta ai responsabili del Cammino Neocatecumenale, nell’attesa - e con l’auspicio - che in Vaticano l’atto di disobbedienza di Kiko non passi sotto silenzio malgrado amicizie influenti e coperture potenti. Per quanto ci riguarda, non possiamo far altro che far sentire la nostra voce e confermare a Sua Santità Benedetto XVI la nostra filiale devozione e la più totale obbedienza. Intanto, chi volesse vedere la foto di Kiko Arguello mentre riceve il Corpo di Cristo dalle mani di Benedetto XVI a braccia conserte, può collegarsi al seguente indirizzo Internet:

venerdì 25 aprile 2008

Versato per molti


Manfred Hauke, Versato per molti. Studio per una fedele traduzione del pro multis nelle parole della consacrazione, Cantagalli - 2008, pag.112, € 13,80
PREFAZIONE
di Mons. Albert Malcom Ranjith

Il 17 ottobre 2006, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti inviò ai presidenti delle Conferenze Episcopali la lettera sulla traduzione corretta delle parole latine pro multis nelle preghiere eucaristiche. Questa direttiva, a nome del Sommo Pontefice, provocò un vivace dibattito, soprattutto tra i pastori e i teologi. Si riconobbe, in generale, la correttezza linguistica dell'ammonimento, ma varie voci mettevano in dubbio il messaggio teologico e la portata pastorale del richiamo. Fra queste voci qualcuno pensò addirittura che tale cambiamento avrebbe messo in serio dubbio il ruolo salvifico di Cristo, Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza.
Lo scritto di don Manfred Hauke, professore di Patrologia e Dogmatica alla Facoltà Teologica di Lugano (Svizzera), raccoglie i frutti della discussione contemporanea. L'opera presenta il fondamento biblico del tema, segue l'interpretazione delle parole sacre durante la storia, riporta gli appositi documenti del Magistero e dona una lettura sistematica della corretta traduzione, consapevole della teologia eucaristica. La presentazione fedele del messaggio biblico è importante anche per l'ecumenismo e per la vita pastorale, come nota l'autore alla fine della sua investigazione.
Il libro offre già all'inizio qualche informazione interessante sul retroscena della decisione pontificia, ricordando un lavoro esegetico guidato dal P. Albert Vanhoye SJ, ora Cardinale, e ben noto al Sommo Pontefice. Questo lavoro, recentemente pubblicato in Germania, pone la discussione biblica ad un livello più sicuro di quarant'anni fa, quando molti esegeti cattolici dimostravano troppo fiducia nell'interpretazione di un singolo biblista protestante. Hauke si appoggia a questa nuova monografia e offre una riflessione biblica propria che mostra come nel Nuovo Testamento vanno insieme l'offerta di Gesù per tutti gli uomini e la sua donazione per la Chiesa. Nel contesto dell'Ultima Cena è plausibile la collocazione del sacrificio nell'ambito dell'Alleanza che include l'accoglienza di Cristo da parte dell'uomo. Quest'accoglienza non è automatica, ma richiede la prontezza del libero arbitrio nella fede. L'offerta eucaristica "per molti" corrisponde alla prospettiva giovannea secondo cui il Signore dona la sua vita per le sue pecore. Il sacrificio eucaristico di Gesù si rivolge come offerta di salvezza a tutti gli uomini, ma si realizza come evento di alleanza solo in quelli che, secondo il piano eterno di Dio, sono eletti e accettano il dono di Cristo nella fede formata dalla carità.
Nella discussione recente è stato quasi assente il ricorso alla tradizione teologica. Non si è osato, prima del recente passato, tradurre le sacre parole hyper pollon (rispettivamente pro multis) con "per tutti", ma esistono diverse voci a proposito dell'interpretazione. Hauke, partendo dalle prime testimonianze all'epoca dei Padri e giungendo fino al tempo presente, mette in rilievo la storia della discussione, che comincia già nei primi secoli nei commenti biblici. Durante lo sviluppo importante fu la presa di posizione di san Girolamo, preparata dalla teologia di Origene, che ribadisce l'importanza dell'accoglienza fedele di Cristo senza rinnegare in alcun modo l'offerta universale della salvezza. Ippolito, rappresentante antichissimo della liturgia, va nella stessa direzione, riaffermando nella prefazione autentica della sua Preghiera eucaristica l'esito del sacrificio di Cristo per quanti hanno creduto nel Salvatore. Un chiarimento teologico notevole avviene al tempo dei Carolingi, quando la Chiesa respinge il predestinazionismo, che nega l'offerta universale del sacrificio di Cristo. L'arcivescovo Hinkmar di Reims, in prima fila nel rigettare tale eresia, insiste nello stesso momento sul significato "per molti" delle parole di consacrazione eucaristica. Questa linea di pensiero viene accolta anche dai grandi teologi del Medioevo e giunge fino al Catechismo Romano, il documento più importante del Magistero ordinario della Chiesa sul nostro tema: per il sacrificio di Gesù Cristo, bisogna distinguere la sua forza (rivolta a tutti gli uomini) e il suo frutto (che si limita a quanti sono aperti al Salvatore). Le parole "per molti", secondo il Catechismo, riguardano il frutto del sacrificio per gli eletti secondo le parole del Signore nella preghiera sacerdotale: «Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi» (Gv 17,9) (CR II, 4,24).
Nell'esposizione storica, l'autore mostra anche il cammino verso le traduzioni bisognose oggi di correzione e ricorda le perplessità di molti, le critiche dell'esegeta e arcivescovo di Paderborn, il Cardinale Degenhardt, e i ripensamenti dell'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Cardinale Seper.
Per la comprensione teologica del documento della nostra Congregazione possono essere utili i punti di vista sistematici. Il sacrificio della Messa è l'applicazione sacramentale del Sacrificio della Croce. Perciò sembra più conveniente un accento sull'efficacia del sacrificio eucaristico realizzato durante tutta la storia, a differenza di un significato che mette in primo piano l'offerta universale. L'importanza del libero arbitrio, nella fede e nella carità, è ribadita nella reciprocità dell'alleanza resa presente nella Santa Messa. Hauke risponde anche, da un punto di vista dogmatico, alle critiche esagerate che non ritengono valida l'Eucaristia celebrata con le traduzioni erronee delle parole pro multis. I punti di vista ecumenici, invece, mettono alla ribalta che la decisione è consona alla fedeltà alla Parola di Dio presente, in questo caso, persino nelle liturgie protestanti. Si notino anche i motivi pastorali della corretta interpretazione. Siccome oggi è molto presente un ottimismo esagerato nella salvezza, che fa giungere al Paradiso tutti quanti senza richiedere il dono della fede e lo sforzo della conversione, un richiamo alla serietà della vocazione cristiana sembra più che opportuno. La decisione del Santo Padre si inserisce in una linea coerente che ribadisce il coraggio per la verità in tutti gli ambiti della vita, inclusa la sacra Liturgia. Lo studio di Hauke sottolinea la fondatezza teologica di quest'atteggiamento nel caso esemplare della traduzione fedele delle parole consacratorie della Santa Messa.
D'altronde se si coglie nella sua totalità il pensiero teologico della Lumen Gentium e di altri documenti del Concilio Vaticano II come Unitatis Redintegratio e Ad Gentes è chiaro che i Padri Conciliari insistettero sulla necessità diretta o indiretta della Chiesa per la salvezza (LG 14; UR 3; AG 7). E la Chiesa viene realizzata nella sua pienezza dalla fede, dalla celebrazione e da quell'adeguarsi della vita al dinamismo interno di questo meraviglioso dono: l'Eucaristia. L'Eucaristia così rinnova la Chiesa - luogo della salvezza offerta. Tale offerta però diventa salvezza realizzata se viene accettata, il che comporta nel pieno rispetto della libertà umana una risposta di fedeltà assoluta a colui che ci invita alla comunione divenendo così parte della sua stessa vita. Siamo chiamati a diventare suoi nel senso pieno della parola e se accettiamo tale invito, liberati dal peccato e dalla morte pregusteremo già qui sulla terra lo splendore della sua gloria eterna.
Pro multis mette in luce proprio questo aspetto della nostra corrispondenza a lui. Sì, siamo stati tutti invitati alla libertà che lui ci ha offerto per mezzo del suo sacrificio, ma esiste anche la necessità di una nostra risposta positiva a questo invito. Senza questo aspetto della nostra libera scelta cadremo in un determinismo spirituale e teologico. Tale situazione parrebbe poco rispettosa verso la dignità e nobiltà della natura umana.
C'è da congratularsi con don Hauke, per questo studio meticoloso e profondamente teologico. Esso non è tanto una giustificazione teologica di una scelta di parole consacratorie alternative della Preghiera eucaristica, perché le parole sempre usate erano pro multis, quanto un richiamo alla fedeltà al mistero della salvezza, accogliendo il mistero di Dio e configurando a Lui tutta la nostra vita.
+ MALCOLM RANJITH
Arcivescovo Segretario Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

Tratto da:
MANFRED HAUKE, "Versato per molti". Studio per una fedele traduzione del pro multis nelle parole della consacrazione. Cantagalli, Siena 2008, pp. 5-10.

venerdì 18 aprile 2008

Il Cardinale Medina Estevéz critica i Neocatecumenali: “Facciano Messe senza abusi: la liturgia non è proprietà di nessuno, tantomeno di Kiko Arguello



di Bruno Volpe

CITTA’ DEL VATICANO - Come è noto, il nostro giornale sta conducendo da diversi giorno una campagna di sensibilizzazione per evidenziare ciò che non va nella dottrina del Cammino Neocatecumenale. In proposito, abbiamo riportato commenti e testimonianze personali di chi, negli ultimi anni, si è imbattuto nel movimento fondato dallo spagnolo Kiko Arguello e ancora in attesa di essere ufficialmente riconosciuto dal Vaticano. Chi conosce certamente bene come pochi i Neocatecumenali è il Cardinale cileno Jorge Arturo Medina Estevéz (nella foto), il porporato che dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro diede l’annuncio, il 19 Aprile 2005, dell’elezione di Benedetto XVI e che per anni è stato Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. E neanche lui sembra troppo tenero nei confronti del Cammino.
Eminenza, cosa pensa dei Neocatecumenali?
"Devo dire che anche tra di loro vi è qualche cosa di buono, cioè il sincero amore verso Cristo, ma…".
Ma?
"Negli anni, come Prefetto del Dicastero vaticano competente in materia, ho purtroppo notato nelle loro liturgie autentiche stranezze e preopccupanti stravaganze. Da tempo la Santa Sede li ha invitati a mettersi al passo e ad obbedire; gli consiglio di farlo, perchè la liturgia non è proprietà di nessuno, tantomeno di Kiko Arguello".
Lei parla di stranezze e stravaganze. A cosa allude precisamente?
"Intanto alla Comunione fatta stando seduti e senza inginocchiarsi. Mi pare un’assoluta mancanza di rispetto verso Cristo. Poi veniano alle omelie. Mi consta che laici - ripeto, laici - facciano dei sermoni che seppure non chiamano esplicitamente omelie, lo sono nella sostanza. Ricordo a me stesso e a loro che secondo la Divina liturgia solo un Ministro consacrato, cioè un sacerdote o un diacono, può fare omelie. Si tratta di abusi pericolosi".
Parliamo ora di abusi liturgici in generale.
"Francamente, e ne sono lieto, oggi la situazione è migliorata, e di molto, grazie prima al Servo di Dio Giovanni Paolo II e poi al Papa Benedetto XVI".
Gli abusi liturgici sono iniziati dopo il Concilio Vaticano II…
"Sì, ma non a causa del Vaticano II. Effettivamente, dopo il Concilio si è creata molta confusione che ha a sua volta generato un clima da ricreazione. Erroneamente si è pensato che tutto fosse permesso e ammesso in nome della cosiddetta creatività liturgica che, in concreto, si è tragicamente tradotta in caos e anarchia".
Una parolina magica, la creatività liturgica…
"Io la ritengo solo sinonimo di disordine e disobbedienza. Ma il tempo della creatività, grazie a Dio, sembra finito. Certo, ogni tanto si notano preti che cambiano le letture, abusi in tema di assoluzioni generali e via discorrendo, ma la situazione non mi sembra drammatica come un tempo".
Eminenza, se dovesse spiegare cos’è la liturgia in poche parole, cosa direbbe?
"Direi che è l'aspetto pratico della Fede. Il centro della liturgia e della Santa Messa è Gesù Cristo, con buona pace di chi pretende di razionalizzare ogni cosa. La Messa è dono, sacrificio, ricerca del trascendente e mistero. Non è giusto nè tantomeno tollerabile che nessuno, dico nessuno, si impadronisca della liturgia con idee e bizzarrie personali".
Alcune volte si nota la tendenza a spettacolizzare la Messa.
"Vero. Ma chi lo fa, sbaglia. Il fulcro della Messa è il Signore e non il celebrante. La liturgia guarda a Cristo e non a chi celebra la Messa. Alcuni preti tendono a farne uno spettacolo, e sbagliano. La Messa non è uno spettacolo, non è un film. Certe Messe-show mi preoccupano davvero”.
In conclusione, cosa raccomanda?
"Che le Messe siano celebrate degnamente, con musiche appropriate, gesti corretti e nessuna stravaganza. E richiamo tutti, per il bene della Chiesa, all’obbedienza: lo ripeto, la liturgia non è proprieta' di nessuno".

mercoledì 16 aprile 2008

L'Editoriale di Don Marcello Stanzione - Neocatecumenali: gnosi e uso del denaro per accrescere il consenso

di Don Marcello Stanzione
www.papanews.it

CITTA’ DEL VATICANO - Dopo il mio articolo “I Neocatecumenali di Kiko: movimento ecclesiale o setta all’interno del Cattolicesimo?”, diversi lettori di ‘Petrus’ mi hanno chiesto ulteriori dettagli sul Cammino Neocatecumenale e sulla mia storia personale. Premetto che non sono un teologo di professione ma un normale parroco di Campagna, per cui mi rifaccio alla mia esperienza con il Cammino Neocatecumenale durata diversi anni per spiegare perché decisi di chiudere con tale gruppo. A lungo andare la frequenza Neocatecumenale mi puzzava sempre più di gnosticismo. Mi spiego meglio: le eresie gnostiche sono state, dall’epoca patristica, tra i più pericolosi nemici della Chiesa Cristiana, ma, malgrado i ripetuti attacchi, non hanno mai potuto abbattere l’edificio costruito da Cristo. Esse si basano sulla “conoscenza” (gnosi, appunto) che è riservata ad un ristretto numero di persone (gli “iniziati” o “illuminati” a seconda della varie sétte), mentre gli altri (gli “affiliati”) devono essere all’oscuro di tutto e non avere la minima idea di dove li porterà il loro percorso iniziatico. Molte persone, anche oggi, si affiliano alla Massoneria Operativa senza avere la benché minima idea di dove questa affiliazione possa portarle, magari per l’impronta vagamente filantropica di alcune logge, o magari per accrescere il loro status sociale nella società e aumentare così il proprio potere, non immaginando certo di diventare veri e propri schiavi di Satana, cosa che solo alcuni arriveranno a capire, salendo la lunga scala dell’iniziazione massonica. Riguardo al Cammino, poi, quando uno entra nel movimento Neocatecumenale deve dimenticare le domande. Per lungo tempo non è permesso di porne e, anche quando arriva il momento di chiedere qualcosa, le risposte sono evasive, e meno che mai quelle che riguardano le tappe future del Cammino perché allora è tutto top secret. Il sapere è esclusivamente nelle mani dei responsabili, o dei “catechisti”, che non hanno fatto studi particolari di teologia, liturgia, patristica o altro, ma che hanno il solo merito di aver compiuto almeno cinque o sei anni di Cammino; si tratta di persone che sono state indottrinate imparando a memoria o quasi le catechesi di Kiko Arguello. Catechesi che sono piene di eresie dottrinali e che sono state fatte nel contesto socio-culturale degli anni ‘70 e vengono ancora propinate nel ventunesimo secolo! Loro stessi non hanno idea di quello che verrà loro insegnato nei prossimi anni. Il miglior allievo per i Neocatecumenali è colui che è a digiuno di nozioni di catechismo, di teologia e di Bibbia, in modo da potergli insegnare tutto quello che pare a Kiko. Ma ci chiediamo: perché tanta gente, all’inizio, si fida dei Neocatecumenali? Perché l’annuncio delle catechesi viene fatto la Domenica in parrocchia e i catechisti dicono che sono stati mandati dal vescovo. Ricordo che quando le perplessità sulla bontà del Cammino divennero delle evidenze sconcertanti e iniziai a lamentarmi pubblicamente, ricevetti una telefonata dalla responsabile del Cammino che mi disse che essi avevano deciso di chiudere il Cammino nella mia parrocchia; io replicai, allora, che se erano stati inviati, come essi dicevano, dal vescovo, doveva essere il vescovo stesso, solo lui, a ordinare la chiusura del Cammino nella mia Chiesa e non loro, laici, a dare ordini a un sacerdote. Il fatto interessante avvenne subito dopo. Per anni ero stato il confessore di centinaia di Neocatecumenali di altre comunità parrocchiali, i quali non si facevano scrupolo di venirsi a confessare a tutte le ore. Chiuso il Cammino nella mia parrocchia, non ne vidi più nessuno, ma proprio nessuno, e la cosa mi sconcertò alquanto, perché con gli anni ti affezioni alle persone. Ci furono ordini di scuderia per cui nessuno doveva più venire da me. Ed io, preticello ingenuo, che pensavo venissero dal sacerdote cattolico per riconciliarsi con Dio! No, venivano dal Presbitero di comunità, e quando questi non lo fu più, ci fu un ordine di scuderia del tipo ‘No Kiko, No party’. Il catechista Neocatecumenale che aveva aperto il Cammino nella mia parrocchia, quando venne l’ultima volta a trovarmi, stizzato mi disse che tra me e loro non ci poteva essere dialogo perche io - sue testuali parole che non dimenticherò mai - rappresentavo la Chiesa di Pietro, mentre loro rappresentavano la Chiesa di Giovanni. A queste testuali parole capii finalmente che Dio, nella sua infinita misericordia, mi aveva liberato da una setta che per ingenuità sacerdotale giovanile io stesso avevo aiutato ad impiantarsi nella mia parrocchia! Da fonti massoniche sono trapelati vari documenti che attestano come da molti anni siano in corso piani per l’annientamento della Chiesa Cattolica, operando dal suo interno (cfr. “La faccia nascosta della storia” di P. Mantero, Ed. Segno, Udine). Esaminiamo alcuni punti interessanti: 1. La svalutazione e il deprezzamento della Santissima Eucarestia e conseguentemente la desacralizzazione e profanazione del culto cattolico e dei luoghi di culto. 2. L’eliminazione della Mariologia e dell’angelologia dalla teologia cattolica. 3. L’eliminazione del sacerdozio ministeriale e di tutto ciò che ha a che fare col sacro. 4. L’uso del denaro per accrescere il consenso. Ora esaminiamo ad uno ad uno questi punti, confrontandoli con la catechesi Neocatecumenale tratta dagli orientamenti alla èquipes di catechisti di Kiko Argüello, come riportato da Padre Enrico Zoffoli, da essi considerato il nemico n. 1, nel suo volumetto “Il neocatecumenato della Chiesa Cattolica”. Per i Neocatecumenali la Messa non è un vero “sacrificio”, il perpetuarsi del sacrificio della Croce, ma soltanto un banchetto comunitario che celebra la potenza salvifica di Cristo risorto che è bene celebrare non in Chiese consacrate, ma in stanze qualsiasi proprio per far risaltare che è una cena, e se si celebra in Chiesa per ragioni di spazio (con più comunità riunite) l’altare (cioè, la tavola) va tolto dal presbiterio e portato al centro della Chiesa. Il Pane Consacrato non si muta nella sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo, non avendo altra funzione che quella di simboleggiare la presenza spirituale di Lui che, risorto, tutti trascina sul carro di fuoco... Negati il Sacrificio eucaristico e la transustanziazione, il “Pane consacrato” (con tutti i suoi resti e frammenti), il Cammino esclude la reale presenza di Cristo, perciò abbiamo che nelle Messe celebrate da sacerdoti Neocatecumenali non viene fatta la purificazione dei vasi in modo corretto, non si fa caso se dei frammenti cadono a terra (una volta si chiamava sacrilegio...) e viene negato ogni culto al Santissimo Sacramento (niente Quarant’ore o adorazione Eucaristica ). L’unica effigie Mariana ammessa è un’icona di vago sapore bizantino, chiamata “Madonna di Kiko”. Ricordo che una volta, durante la liturgia della parola del mercoledì, non si trovava il quadro di Kiko, ed io proposi di andare a prendere il quadro del Cuore Immacolato di Maria appeso in sacrestia e metterlo sul trepiedi. Ovviamente non se ne fece niente, perché tutto il materiale liturgico deve essere disegnato da Kiko. Come ho già scritto, c’è un culto della personalità verso l’Arguello, per questo definisco i Neocatecumenali anche ‘kikiani’. Ovviamente non si può parlare ai Neocatecumenali di Lourdes, Fatima e di altri luoghi mariani, a cui viene negata ogni importanza. L’eliminazione del sacrificio comporta la soppressione del sacerdozio ministeriale, non dovendosi riconoscere altro sacerdozio se non quello di Cristo: l’Eucarestia è celebrata nella comunità dei credenti, tutti indistintamente partecipi di quell’unico sacerdozio... L’esclusione del sacerdozio ministeriale porta al crollo della gerarchia Ecclesiastica, ossia il rifiuto dell’ordine sacro che la fonda, soppresso il quale, la Chiesa, come società visibile e gerarchica, non ha più alcuna ragione di essere. Infatti, nel neocatecumenato tutta l’autorità e tutto il sapere sono nelle mani di Kiko e dei responsabili da lui nominati a livello zonale e dei catechisti, ai quali, tutti, anche i sacerdoti devono obbedienza! I preti servono solo a celebrare le Messe secondo le indicazioni liturgiche di Kiko. Il rispetto verso i sacerdoti è solo formale, i veri pastori sono i Catechisti del Cammino che, laici, non si fanno pudore di chiedere, durante gli scrutini, anche ai sacerdoti se si masturbano… Aspetti privatissimi della vita intima di una persona non li conosce il sacerdote parroco o il sacerdote confessore, che in virtù del suo ministero ne avrebbe tutto il diritto, ma dei semplici laici conoscono i fatti di tutti! In realtà, essi non si fidano dei preti, è questo il motivo per cui Kiko ha voluto i seminari Redemptoris Mater, per avere un clero plasmato a sua immagine e somiglianza! Mia mamma, che avevo portato insieme a mia sorella nel Cammino, mi fece notare che i catechisti Neocatecumenali poi non si inginocchiavano mai, né davanti al Santissimo, né alla consacrazione, e assumevano atteggiamenti irriverenti durante le celebrazioni (la posizione classica in Chiesa è con le gambe accavallate ed i due gomiti appoggiati allo schienale, possibilmente in posizione obbliqua rispetto alla panca). Io stesso devo ammettere che durante la mia permanenza nel Cammino ero come se fossi stato ipnotizzato, avevo le fette di prosciutto sugli occhi. Il mio risveglio dal sonno ipnotico avvenne durante una convivenza piena di termini e ritualità giudaiche, in cui ad un certo punto mi chiesi: ma dove sono capitato? Sono in un’associazione cristiana o sono finito in una sinagoga ebraica? Mi trovo tra i marrani, ossia gli ebrei spagnoli che fingevano di essersi convertiti a Cristo, o in un gruppo cattolico? Non sono assolutamente un antisemita, ma il rinnovamento della Chiesa si deve rifare alla Padri della Chiesa e non all’Antica Alleanza che è superata! I Neocatecumenali dispongono di grosse somme di denaro, che vengono elargite dai loro membri. Con quale “liberalità” ci sarebbe molto da discutere: C’è la storia di una suora alla quale fu tolto l’orologio perché si “liberasse dai beni” non avendo altro da dare a causa del voto di povertà e perciò non possedendo niente. Arrivati ad un certo punto del Cammino, i seguaci devono dare le ‘decime’ non sapendo ovviamente dove vanno a finire: nessuno presenta consuntivi. In gran parte vengono date in elemosina ai vescovi delle Diocesi che ospitano i ‘kikiani’ al fine di accrescere il consenso della Gerarchia nei loro confronti. Un altro aspetto del Cammino Neocatecumenale che trova riscontro nello statuto massone è il comportamento verso il prossimo. Come nel giuramento massone è fatto obbligo di aiutare i “fratelli” della stessa loggia, anche per i neocatecumenali c’è l’impegno del mutuo soccorso all’interno della propria comunità ed eventualmente delle altre comunità. In conclusione, a proposito di soldi, sul blog “La Verità sui Neocatecumenali” è stato riportato il mio primo articolo su ‘Petrus’ e tra i commenti ve ne è uno di un anonimo che scrive le testuali parole: ”LA STORIA SI RIPETE… DON MARCELLO COME GINO CONTI… ANCHE LUI COMINCIA A VENDERE LIBRI… INTERESSANTE, NO??? PRIMA L’ARTICOLO COPIA E INCOLLA CON ZOFFOLI… L’ANNUNCIO DEL NUOVO LIBRO… DAJE MARCE’… SE VOI 50 EURO TE LI REGALO IO”. Al caro anonimo ricordo che sono molti anni che mi dedico alla compilazione di libri: ne ho attualmente scritti 24, alcuni tradotti in diverse lingue. Quest’anno ne pubblicherò altri 10, per cui se segue ‘Petrus’ dovrà abituarsi alla pubblicità frequente dei miei libri! Un’ultima cosa: caro anonimo, per quanto riguarda i 50 Euro che vuoi regalarmi, parlane prima con il responsabile della tua comunità, lo sai non ti è lecito fare l’elemosina senza il suo permesso: potrebbe essere interpretato come un atto di superbia da parte tua…

martedì 15 aprile 2008

Neocatecumenali: il sottile confine tra catechesi e plagio

di Felice Scaringella*

articolo tratto dal sito ufficiale del CESAP (Centro Studi sugli Abusi Psicologici)

Nelle convivenze d’inizio corso, ai nuovi aderenti al Cammino Neocatecumenale viene svelato il vero scopo alle quali erano rivolte quelle catechesi parrocchiali per adulti tanto promosse dal parroco e da quelle persone che “tanto si vogliono bene”. I neofiti vengono iniziati ai primi riti, all’Eucarestia (secondo Kiko), istruiti sul bisogno di dare e ricevere amore (ai/dai fratelli delle comunità, ovviamente), a come difendersi dagli attacchi provenienti dall’esterno delle comunità. C’è un aspetto, tuttavia, di questo indottrinamento che mi ha suscitato parecchia curiosità: viene rivendicato dai catechisti il diritto all’obbedienza. Già Kiko Arguello nel suo direttorio catechetico riporta: “Ubbidite ai vostri catechisti”, “Chi dice di no ad un catechista, dice di no a Dio”. Sebbene nelle varie realtà settarie le dottrine sono sempre più variopinte, il diritto all’obbedienza a guru e santoni, è comune a tutte. I Testimoni di Geova, per esempio, vincolano all’obbedienza agli anziani, al Corpo Direttivo (il cosiddetto Schiavo); Scientology al cappellano di comunità, alla Sea Org; le varie psicosette pseudoreligiose ai loro leader e incaricati. Ciò che accomuna tutte queste personalità carismatiche è il sentirsi investiti (molto spesso è autoinvestitura) di un incarico divino. Lo Schiavo è il canale di Geova sulla Terra, Ron Hubbard è riuscito a scoprire di avere eccezionali poteri esercitando il libero controllo sul suo spirito, Kiko Arguello ha ricevuto un incarico addirittura dalla Madonna (che giusto per ringraziarla chiama semplicemente Maria), di conseguenza tutti i suoi catechisti sono angeli del Signore e ispirati dallo Spirito Santo, dotati quindi del dogma dell’infallibilità. Di conseguenza, questi ultimi possono pretendere assoluta obbedienza dai loro rispettivi sottoposti. Fondamentalmente, il richiamo all’obbedienza non è controproducente per l’individuo, anzi, siamo soliti vedere i figli che ubbidiscono ai genitori per imparare l’educazione, l’alunno che ubbidisce all’insegnante per imparare e rendere un buon profitto scolastico, l’impiegato che ubbidisce al suo capo ufficio per far si che l’azienda sia sempre al passo con i ritmi di lavoro e, perchè no, anche il bambino che ubbidisce al proprio catechista per comprendere meglio la fede. Ma il problema fondamentale non è tanto l’obbedienza, ma quanto si possa abusare della propria autorità violando il foro interno della persona. Apriamo dunque una parentesi scientifica sull’argomento analizzando quelli che sono gli aspetti della cosiddetta obbedienza distruttiva. Le ricerche di Milgram sull’argomento dimostrano come “uomini, collocati a livelli superiori di una organizzazione gerarchica o della scala sociale o che possiedono un prestigio o un potere anche solo presunto, possono indurre con facilità gli altri individui ad atteggiamenti di acquiescenza acritica, di deresponsabilizzazione anche di fronte a comportamenti gravemente lesivi dell’integrità psichica e fisica degli altri esseri umani”. Ciò è dimostrato da un esperimento effettuato dallo stesso Milgram su alcuni soggetti consapevoli che lo scopo della ricerca era quello di dimostrare l’effetto della punizione sull’apprendimento. Il compito da svolgere era “inviare scariche elettriche di un intensità crescente (mediante una serie d’interruttori posti su un pannello) ad una persona tutte le volte che falliva nel suo compito”. Le scosse variavano da un minimo di 15 volts ad un massimo di 450 volts. Ovviamente il soggetto sottoposto all’esperimento era un complice dello sperimentatore che sbagliava il compito di proposito, ad apparecchio disattivato, simulando situazioni di urla e pianto fino ad implorare l’interruzione del test. Il compito dello sperimentatore era quello di farsi ubbidire, in questo caso, a far continuare l’esperimento anche se il soggetto mostrava disagio manifestando il desiderio di interromperlo. Il risultato finale fu questo: la maggior parte dei soggetti hanno portato a termine il compito pur provando una forte sensazione di disagio e angoscia. “Il desiderio di ribellarsi non ha la forza di concretizzarsi in un netto rifiuto”. I soggetti invece che hanno interrotto l’esperimento hanno manifestato la loro reazione vincendo la timidezza esternando dubbi e paure. Utilizzando le parole di Milgram, “per passare dal dubbio interiore alla esteriorizzazione del dubbio sino al dissenso, alla minaccia, alla aperta ribellione c’è un lungo e difficile cammino che solo una minoranza di soggetti è in grado di compiere fino in fondo”. Passiamo quindi all’atto pratico confrontando le considerazioni teoriche appena fatte e applicandole all’argomento oggetto della nostra discussione. Partiamo dalla definizione sopracitata: chi sarebbero queste personalità carismatiche nel Cammino Neocatecumenale che si sentono investite di un presunto potere tale da poter esercitare comando sui semplici frequentatori di questo movimento pseudocattolico? Se consideriamo la struttura gerarchica del Cammino, al vertice troviamo il suo fondatore: Kiko Arguello. Ma per comprendere meglio, è giusto soffermarci su un modello più elementare che sono le singole comunità: chi si occupa d’impartire le catechesi oralmente trasmesse dal “leader maximo”? I catechisti. Chi conferisce a codesti individui questa speciale investitura che permette di poter far fare loro “il bello e il cattivo tempo” sui semplici adepti i quali subiscono in modo acquiescente e acritico nel nome di un ideale che può essere comunque raggiunto senza usare tanta aggressività? Kiko dice che i suoi catechisti hanno lo Spirito e parlano a nome di Dio, e come tali vanno ubbiditi, ma in nome di quale particolare sacramento? Da uomo di fede, ma soprattutto razionalista, non sono a conoscenza di nessun rito particolare nella Chiesa che conferisca a semplici laici autorità sugli altri fedeli. Possiamo forse appigliarci al sacramento della Confermazione (la Cresima), ma lo abbiamo più o meno tutti noi cristiani adulti e non ci dà nessuna autorizzazione a pretendere obbedienza da coloro che non lo hanno ricevuto o ne sanno meno di noi sulla fede. Degno di nota anche il sacramento dell’Ordine Sacro, ma i catechisti non sono sacerdoti. Da quel che mi risulta, comunque, un ministro della Chiesa Cattolica non è autorizzato a pretendere obbedienza dal fedele ma al massimo può invitarlo a seguire quanto più possibile le direttive da essa emanate. A cosa serve dunque l’obbedienza indotta e pretesa tramite l’esercizio del controllo mentale? Generalmente serve ad assoggettare l’adepto al volere della comunità (per modo di dire) al fine di raggiungere determinati scopi soprattutto a livello economico. Ci si fa scudo del Testo Sacro per estorcere denaro in cambio di un “tesoro in cielo”, come disse Gesù. In realtà i ricavi delle collette e della tanto pretesa decima, servono non tanto ad aiutare i poveri ma a sostenere le cause del movimento: le convivenze, i raduni, l’evangelizzazione itinerante (neocatecumenale), le famiglie numerose legate alle comunità soprattutto per essere sfamate (generalmente sono famiglie di catechisti). L’obbedienza pretesa dai catechisti serve anche a condizionare le scelte di vita soprattutto dei giovani. A circa 25 anni devi fare delle scelte che loro t’impongono: il matrimonio (possibilmete endogamico) o la vita religiosa, perchè rimanere single nel Cammino Neocatecumenale è sintomo di disordine sessuale. L’adepto vincolato all’obbedienza tende ad assumere lo stesso comportamento anche nei confronti del prossimo che manifesta dubbi e incertezze sui metodi utilizzati. Si viene invitati a non pensare con la propria testa, a fidarsi del Cammino e a ubbidire al catechista anche quando sembra essere incoerente nel modo di agire. L’esperimento di Milgram ci ha dimostrato come solo una minoranza riesce a vincere la propria timidezza e a ribellarsi. L’aver disubbidito al catechista comporta generalmente una situazione di sensi di colpa che in pochi casi sfociano in vera e propria ribellione. Molti sono convinti di mettere in gioco la propria salvezza e di essere stati spinti a disubbidire da chissà quale influenza demoniaca. “Il diavolo ti sta tentando, vuole allontanarti dal Cammino”, è la frase ricorrente. Molti altri, invece, manifestano dubbi e incertezze ma non riescono ad esternarli. Prendo la mia esperienza come esempio: qualche giorno prima della celebrazione penitenziale, ci fu detto dai catechisti che il venerdì successivo ci sarebbe stata una celebrazione con relativa confessione collettiva. Ho subito pensato ad una confessione pubblica, anche se non è stato così (ma sarebbe successo di lì a poco sicuramente). Sebbene la situazione mi abbia provocato un certo disagio, non sono stato capace di oppormi al volere dei catechisti. Successivamente, ho avuto però la forza di ribellarmi e manifestare le mie perplessità. Bisogna tener conto che quello che è successo a me, è avvenuto in un’arco di tempo molto breve. Milgram si è riferito anche a soggetti che hanno manifestato il sentimento di ribellione persino a distanza di anni. Quante persone nel Cammino Neocatecumenale hanno disertato dopo ben 20 anni? Cosa ha spinto queste persone ad abbandonare questa esperienza giudicata bellissima dagli stessi neocatecumenali e dai profani che osservano dall’esterno delle comunità? Altri esempi di situazioni di disagio si possono riscontrare nel momento in cui si è invitati a fare la preghiera spontanea davanti agli altri compagni di Cammino. Molte persone sembrano infastidite dalle pretese dei catechisti ma subiscono in silenzio. Si fa complice poi la psicologia profana che si basa sul consenso degli altri: “Se lo ha fatto lui, perchè non dovrei farlo io?”. La realtà è che come in tutte le realtà settarie, c’è sempre una catena di Sant’Antonio che porta al leader, nel nostro caso a Kiko. Le parole di Kiko hanno una valenza superiore a quelle del Papa, anche se si dimostra palesemente ignorante in materia teologica. Egli chiama a raccolta il popolo in Cammino, le sue direttive vengono osservate senza discutere. Possiamo dunque affermare che anche gli stessi catechisti sono delle pedine che ubbidiscono incondizionatamente al loro capo supremo? Io direi proprio di sì. In conclusione: abbiamo analizzato e dimostrato come una persona, nonostante i propri disagi, possa continuare ad ubbidire a direttive distorte pur essendo consapevole di tale distorsione. Questo scritto non vuole solo essere uno dei tanti strumenti informativi, ma anche un appello alle persone competenti affinchè ascoltino il grido di giustizia di tanti individui profondamente segnati nell’anima dall’esperienza distruttiva nel Cammino Neocatecumenale.



*Socio collaboratore del Centro Studi Abusi Psicologici

lunedì 14 aprile 2008

I Neocatecumenali di Kiko: Movimento Ecclesiale o Setta all'interno del Cattolicesimo?

di Don Marcello Stanzione
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CITTA’ DEL VATICANO - L’articolo del Direttore Gianluca Barile sulle ombre del Cammino Neocatecumenale ha suscitato tra i lettori di ‘Petrus’ consensi entusiastici ma anche numerosissime email di protesta e addirittura di minacce. Mi permetto di inserirmi nel dibattito non solo per il mio ruolo di sacerdote e di nuovo vicedirettore di questo giornale on-line ma anche per l’esperienza che mi ha portato a conoscere il Cammino Neocatecumenale tra i 27 e i 34 anni di età. Da novello sacerdote, in quel periodo con entusiasmo accolsi il Cammino dando il meglio di me stesso ma, dopo un certo numero di anni, conoscendolo sempre meglio fui costretto dalla mia coscienza sacerdotale ad ammettere con profondissima amarezza che proprio io, che allora ero il responsabile diocesano del GRIS (Gruppo Ricerca e Informazioni Sette) e che combattevo in modo particolare i Testimoni di Geova, avevo installato una vera e propria setta nella mia Chiesa accogliendo. Da allora, ho sempre affermato che il Cammino Neocatecumenale è stato una delle più grandi fregature della mia vita! C’è molto di discutibile nella prassi catechistica e liturgica del Cammino, a questo riguardo sono da leggere gli interessanti testi dottrinali di sacerdoti come il compianto Padre Enrico Zoffoli, don Gino Conti e don Elio Marighetto. Il Cammino, dopo i successi pastorali iniziali, si sta rivelando sempre più un gigante dai piedi di argilla: moltissimi parroci, conoscendo il vero volto del Cammino, l’hanno soppresso e dove esso rimane è costretto per lo più a vivacchiare. Ormai gli ex Neocatecumenali sono un esercito, ed hanno aperto pure siti internet per mettere in guardia altri cattolici ingenui dal pericolo dei “Kikiani”. Questo termine non è dispregiativo, ma all’interno del Cammino esiste un vero e proprio culto della personalità di Kiko Arguello, l’iniziatore. I canti sono musicati da Kiko e spesso i cantori scimmiottano Kiko nel loro modo spagnoleggiante di cantare. Anche le immagini sacre sono dipinte da Kiko, che è l’unico “conducator”. Sapete, poi, perché i Neocatecumenali parlano tutti allo stesso modo? Perché ripetono per filo e per segno espressioni tratte dalle catechesi di Kiko. Non esiste nell’ambito del cattolicesimo gruppo che sia così fortemente plasmato sulla personalità del fondatore. Indubbiamente il Cammino Neocatecumenale si presenta all’apparenza con un grande merito: quello di sforzarsi di mettere in pratica nei Paesi cattolici occidentali L'Ordo initiationis christianae adultorum, che poteva creare un profondo rinnovamento pastorale; purtroppo il suo capitolo IV, dal titolo: Preparazione alla Confermazione e all'Eucarestia degli adulti battezzati da bambini, che non hanno ricevuto la catechesi, è stato in genere eluso dalla nostra pastorale parrocchiale ordinaria con un ragionamento altrettanto semplice quanto equivoco: i nostri adulti, sebbene apostati ed infedeli di fatto, sebbene diventati dogmaticamente indifferenti e moralmente relativisti, hanno ricevuto la Confermazione e l'Eucarestia quindi l'iniziazione cristiana sarebbe questione che riguarda le missioni ad gentes fatta dagli istitituti missionari ed in definitiva il capitolo IV dell'Ordo si riduce ad essere applicabile in casi più unici che rari. E' chiaro, invece, che quando parliamo oggi di iniziazione cristiana in Paesi di antica fede cattolica, ne parliamo in senso analogico rispetto all'antica prassi dell'iniziazione cristiana e rispetto alla sua prassi nelle missioni ad gentes. Il grande merito che il movimento Neocatecumenale si attribuisce è proprio quello di avere riscoperto l'iniziazione cristiana degli adulti e di averla adattata, appunto, non solo ai lontani che hanno rotto ogni rapporto con la Chiesa dopo il Battesimo, ma anche ai cristiani abbondantemente sacramentalizzati, ma rimasti immaturi ed infantili nella fede. E' risaputo che i movimenti, a lungo andare, inevitabilmente si istituzionalizzano, perdendo così almeno parte della loro forza carismatica. I movimenti, nella Chiesa, sono tanti; e nessuno di essi può arrogarsi diritti di primogenitura o esclusiva di autenticità cristiana. Per questo motivo, accanto ai meriti e ai pregi, tutti i movimenti denunciano limiti e rischi. L'esortazione al discernimento e all'equilibrio, ricorrente nei documenti magisteriali relativi ai movimenti, torna di grande opportunità e deve essere tenuta in conto con grande umiltà. Quali sono i limiti e i rischi del movimento Neocatecumenale e del suo metodo catechistico? Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, parlando dell'esperienza Neocatecumenale, in un discorso nella parrocchia romana dei Santi Martiri Canadesi, usò espressioni come "sana radicalizzazione del nostro cristianesimo" e "autentico radicalismo evangelico" (cf. Osservatore Romano del 3-4 novembre 1980). Tali espressioni vanno collocate non solo nel contesto di un discorso, ma nel contesto generale del pensiero del Pontefice. Espunte da tale contesto, possono dar luogo a visioni illusorie del popolo cristiano, oppure a distinzioni e discriminazioni tra gruppi di eletti e masse di reietti, irrecuperabili, per i quali non vale la pena di "spendere tutto e spendere anche se stessi". Si può arrivare ad isolare alcune - poche - centinaia di catecumeni da una comunità parrocchiale di qualche decina di migliaia di persone e, a quelli, imbandire una ricca mensa della Parola, dei sacramenti, della carità, con cibi raffinati e genuini e, alla comunità parrocchiale... massiva, offrire soltanto un minimarket di precotti, cellofanati? Questo rischio è gravemente incombente laddove il parroco viene catturato dal Movimento e diventa il presbitero della comunità Neocatecumenale, rinunciando, almeno di fatto, ad essere il pastore di tutti i cattolici affidati alla sua responsabilità. E la cattura è tanto più deleteria quanto più referente del presbitero-parroco è la comunità neocatecumenale piuttosto che il proprio vescovo, e quanto più il presbitero-parroco rimuove dal suo orizzonte pastorale il piano pastorale della diocesi e i conseguenti impegni a favore del progetto e degli impegni indicati dal Movimento Neocatecumenale. E' giusto parlare di "radicalità evangelica": ma di quale radicalità? Per quanto riguarda più specificamente la catechesi, non c'è alcun dubbio che essa va fatta - andrebbe fatta! - con la lettura della Bibbia, contrapponendo una lettura sapienziale ad una lettura teologica, definita questa spregiativamente come intellettuale, quasi che l'obbedienza della fede dovuta a Dio non comporti prestare a Lui anche l'ossequio dell'intelligenza (cf Dei Verbum 5). Un altro rischio cui è esposta la catechesi Neocatecumenale è quello del plagio. E' il rischio di ogni catechesi, anzi di ogni attività formativa, di tutta la pastorale, quando è disincarnata, quando cioè è avulsa dal conteso culturale, quando non ritiene di doversi coniugare con essa, quando presume di dover solo dare, senza ricevere alcunché dalla ricchezza che pure è disseminata nel mondo e nell'umanità dalla multiforme sapienza di Dio. E’ insita, in questo, una tendenza ad accentuare il carattere penitenziale - un tantino esposto al rischio del manicheismo - della conversione, anziché l'amore di Dio che muove e che salva e l'azione di Cristo che ricapitola in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cf. Ef. 1,10). In questa sorta di radicalità rientra l'interpretazione letterale della "comunione dei beni", citando Atti 2, 42-45, cui è tentato il Cammino, dimenticando o ignorando non solo il clima di imminenza della seconda venuta di Cristo in cui viveva la comunità di Gerusalemme, ma soprattutto la distinzione fatta da Gesù tra vocazione ordinaria alla vita eterna e vocazione speciale ad una sua particolare e funzionale sequela (cf Mt. 19,21; cf pure Lc. 19,8: Zaccheo dà la metà dei suoi beni ai poveri; e Gesù dice che la salvezza è entrata nella sua casa). Tantissime altre osservazioni critiche si potrebbero fare (tra l’altro ben documentati dai testi dei sacerdoti sopraccitati, in genere stampati dalla editrice Segno di Udine); ancora si potrebbe rilevare l'eccessivo impianto tecnico del lungo ed eccessivo Cammino Neocatecumenale, o una terminologia iniziatica, erudita, piena di termini ebraici vetero testamentari in contrasto con la semplicità del rapporto con la parola di Dio, pur invocata, o la centralità ontologica della Parola rispetto all'Eucarestia. In conclusione una cosa è certa: Benedetto XVI sarà il Papa che correggerà gli abusi dottrinali e liturgici che per troppi anni impunemente il Cammino ha diffuso nelle parrocchie. Kiko Arguello ascolti e metta in pratica quello che i vari dicasteri romani, voce del Santo Padre, gli correggono del Cammino e obbedisca prontamente.

domenica 13 aprile 2008

Le ombre del Cammino Neocatecumenale


di Gianluca Barile
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CITTA’ DEL VATICANO - E’ il 28 Marzo del 2008 quando sul Monte delle Beatitudini, presso la ‘Domus Galileae’, da anni faraonica cittadella dei Neocatecumenali in Terra Santa, si consuma un evento che rischia di passare sotto silenzio ai più, ma che segna una vera e incompresa ‘rivoluzione’: quella di un movimento che si definisce Ecclesiale e che riesce in tal modo a cooptare ed irretire centinaia di prelati e porporati, il cui iniziatore laico riceve, addirittura, una ‘visita ad limina’, neanche fosse il Papa. Ben 160 Vescovi e 9 Cardinali europei, infatti, hanno partecipato ad una ‘Convivenza’, così viene chiamata in gergo neocatecumenale, durante la quale, nel tempio massimo del neocatecumenato in Terra Santa, sono stati impressionati e suggestionati con la potenza dell'architettura, con i simbolismi delle forme e degli spazi pieni di simbologie giudeo-luterano-gnostiche, con le presenze massicce di seguaci, con il clima carismatico e coinvolgente dei rituali messi in atto, le testimonianze e l'opera imbonitoria - così definita dai suoi critici - di Kiko Arguello, l’iniziatore del movimento cui, negli anni, si sono affiancati Carmen Hernandez e Don Mario Pezzi. La presenza di così tanti alti rappresentanti della Chiesa al cospetto di Kiko sembrerebbe dare il via all'evangelizzazione neocatecumenale dell'Europa, avallando un movimento, dai metodi quantomeno ‘discutibili’ in materia di Dottrina e Liturgia, ormai pesantemente infiltrato nel mondo ecclesiastico con le sue ritualità anomale che, malgrado i continui richiami di Papa Benedetto XVI, non sono state ancora né riviste né modificate né - tantomeno - soppresse. E che al Santo Padre questo non sia per niente piaciuto lo si capisce dal fatto che gli Statuti ‘ad experimentum’ del Cammino, scaduti ormai da 10 mesi dopo la concessione del periodo di prova di 5 anni da parte del Servo di Dio Giovanni Paolo II, non sono stati ancora approvati dal Vaticano. Una delle prove evidenti di ciò che non va nel Cammino Neocatecumenale, e che il Papa non tollera più, è contenuta nella foto che pubblichiamo, nella quale è documentata una Eucaristia (!?) celebrata con la ritualità contestata dallo stesso Benedetto XVI attraverso una Lettera del Cardinale Francis Arinze del Dicembre 2005, in cui si richiamava il Cammino ad adeguare la liturgia a quella ufficiale della Chiesa cattolica, ma di fatto avallata, purtroppo, dai Vescovi e dai Cardinali presenti. Una ritualità che in molti si rifiutano di chiamare Eucaristia, nella quale, sulla grande ‘mensa’ usata in luogo dell'Altare cristiano, non si celebra il Sacrificio di Gesù ma un convitto di festa tra fratelli uniti dalla medesima fede nella Risurrezione, che non si igninocchiano mai (atteggiamento ritenuto da schiavi) neppure durante la Consacrazione. Ecco perché possiamo notarvi simboli estranei alla Sacra e alla Divina Liturgia cattolica: al posto della Croce, campeggia una enorme channukkià, che rappresenta i ‘ricostruttori della vera Chiesa’; al posto delle tradizionali particole, calici e pani che saranno distribuiti ai ‘commensali’ seduti; poi manca il ‘corporale’, dal momento che la visione teologica che l'iniziatore trasmette dell'Eucaristia riguarda la Presenza del Signore intesa luteranamente come ‘transignificazione’ (testuali parole di Kiko Arguello) e non ‘transustanziazione’; nella celebrazione, quindi, non si recitano mai il credo Niceno e il Canone Romano, l'offertorio viene ritenuto una pratica pagana; e al termine della cerimonia i presenti eseguono ‘danze davidiche’ intorno alla ‘mensa’. Questo non sarà forse accaduto per pudore (?) alla presenza dei Vescovi e dei Cardinali lo scorso 28 Marzo, ma avviene ad ogni celebrazione parcellizzata in salette distinte per ogni comunità Neocatecumenale. Si tratta di riti con tanta esaltazione emotiva (favorita dai canti ritmici, coinvolgenti) ma poco raccoglimento e quindi con una evidente banalizzazione del Mistero. E’, nei fatti, una ritualità che cementa la comunità, nella convinzione che (testuali parole dell'iniziatore Kiko Arguello) "non c’è Eucaristia senza assemblea. È un’assemblea intera che celebra la festa e l’Eucaristia; perché l’Eucaristia è l’esultazione dell’assemblea umana in comunione; perché il luogo preciso in cui si manifesta che Dio ha agito è in questa Chiesa creata in questa comunione. È da questa assemblea che sgorga l’Eucaristia". E che fine fa il vero celebrante, che è il Signore Gesù? Che dire, inoltre, del caleidoscopio multiforme offerto dal tempio mondiale del Neocatecumenato sul Monte delle Beatitudini? Esso ha uno scopo ben preciso: intimorire, impressionare, suggestionare il visitatore, per convincerlo della bontà, della grandiosità del cammino Neocatecumenale e della sua ‘predicazione’. La macchina propagandistica del Cammino, perfettamente rodata ed oliata nel corso dei decenni, produce proprio i risultati attesi dai capi: l'adesione acritica di alti prelati, i quali sposano la causa Neocatecumenale ricacciando in qualche anfratto remoto della propria coscienza eventuali dubbi nutriti prima della visita al centro mondiale d'irragiamento del pensiero ‘kikiano’, abbagliati e soggiogati definitivamente dalla messinscena trionfalmente dispiegata per fare colpo sugli illustri ospiti. Tali prelati e porporati, ignari delle svariate aberrazioni di questa realtà (nessuno di loro può conoscere le catechesi originali che costituiscono la ‘tradizione orale’ del Cammino NC), ci mettono di fronte ad una nefasta conseguenza della laicizzazione progressiva della Chiesa iniziata con l’errata interpretazione del Concilio Vaticano II e proseguita nei decenni successivi: ciò che sarebbe stato impedito ad un religioso, spostare ed attrarre la Chiesa verso un'altra teologia, è stato invece consentito ad un laico. Non ci resta che pregare e confidare in un intervento energico del Papa. Lui - solo Lui - è Pietro, ed è su di Lui che Gesù ha edificato la sua Chiesa che, lo ricordiamo, è ‘una, Santa, cattolica e apostolica’. Dunque, il Papa è uno e la Chiesa è una: lo ha stabilito Cristo consegnando le chiavi a Pietro. E’ proprio il caso che chi intende contrastare la Dottrina della Chiesa dall’interno, si metta l’anima in pace. ‘Non praevalebunt’, l’ha promesso Gesù. A buon intenditor, poche parole.