venerdì 27 febbraio 2009

"Il motu proprio esprime l'unica interpretazione corretta del Concilio."


INTERVISTA DI MONS. GUIDO MARINI
AL PERIODICO MENSILE RADICI CRISTIANE
A cura di Maddalena della Somaglia
L'intervista è apparsa in anteprima sul sito del Vaticano

Il Santo Padre sembra avere nella liturgia uno dei temi di fondo del suo pontificato. Lei, che lo segue così da vicino, ci può confermare questa impressione?
Direi di sì. D’altra parte è degno di nota che il primo volume dell’ “opera omnia” del Santo Padre, di ormai prossima pubblicazione anche in Italia, sia proprio quello dedicato agli scritti che hanno come oggetto la liturgia. Nella prefazione al volume, lo stesso Joseph Ratzinger sottolinea questo fatto, rilevando che la precedenza data agli scritti liturgici non è casuale, ma desiderata: sulla falsariga del Concilio Vaticano II, che promulgò come primo documento la Costituzione dedicata alla Sacra Liturgia, seguita dall’altra grande Costituzione dedicata alla Chiesa. E’ nella liturgia, infatti, che si manifesta il mistero della Chiesa. Si comprende, allora, il motivo per cui la liturgia è uno dei temi di fondo del pontificato di Benedetto XVI: è dalla liturgia che prende avvio il rinnovamento e la riforma della Chiesa.

Esiste un rapporto tra la liturgia e l’arte e l’architettura sacra? Il richiamo del Papa a una continuità della Chiesa in campo liturgico non dovrebbe essere esteso anche all’arte e all’architettura sacra?
Esiste certamente un rapporto vitale tra la liturgia, l’arte e l’architettura sacra. Anche perché l’arte e l’architettura sacra, proprio in quanto tali, devono risultare idonee alla liturgia e ai suoi grandi contenuti, che trovano espressione nella celebrazione. L’arte sacra, nelle sue molteplici manifestazioni, vive in relazione con l’infinita bellezza di Dio e deve orientare a Dio alla sua lode e alla sua gloria. Tra liturgia, arte e architettura non vi può essere, dunque, contraddizione o dialettica. Di conseguenza, se è necessario che vi sia una continuità teologico-storica nella liturgia, questa stessa continuità deve trovare espressione visibile e coerente anche nell’arte e nell’architettura sacra.

Papa Benedetto XVI ha recentemente affermato in un suo messaggio che “la società parla con l’abito che indossa”. Pensa si potrebbe applicare questo anche alla liturgia?
In effetti, tutti parliamo anche attraverso l’abito che indossiamo. L’abito è un linguaggio, così come lo è ogni forma espressiva sensibile. Anche la liturgia parla con l’abito che indossa, ovvero con tutte le sue forme espressive, che sono molteplici e ricchissime, antiche e sempre nuove. In questo senso, “l’abito liturgico”, per rimanere al termine da Lei usato, deve sempre essere vero, vale a dire in piena sintonia con la verità del mistero celebrato. Il segno esterno non può che essere in relazione coerente con il mistero della salvezza in atto nel rito. E, non va mai dimenticato, l’abito proprio della liturgia è un abito di santità: vi trova espressione, infatti, la santità di Dio. A quella santità siamo chiamati a rivolgerci, di quella santità siamo chiamati a rivestirci, realizzando così la pienezza della partecipazione.

In un’intervista all’Osservatore Romano, Lei ha evidenziato i principali cambiamenti avvenuti da quando ha assunto la carica di Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie. Ce li potrebbe ricordare e spiegarcene il significato?
Affermando subito che i cambiamenti a cui lei fa riferimento sono da leggere nel segno di uno sviluppo nella continuità con il passato anche più recente, ne ricordo uno in particolare: la collocazione della croce al centro dell’altare. Tale collocazione ha la capacità di tradurre, anche nel segno esterno, il corretto orientamento della celebrazione al momento della Liturgia Eucaristica, quando celebrante e assemblea non si guardano reciprocamente ma insieme guardano verso il Signore. D’altra parte il legame altare - croce permette di mettere meglio in risalto, insieme all’aspetto conviviale, la dimensione sacrificale della Messa, la cui rilevanza è sempre fondamentale, direi sorgiva, e, dunque, bisognosa di trovare sempre un’espressione ben visibile nel rito.

Abbiamo notato che il Santo Padre, da qualche tempo, dà sempre la Santa Comunione in bocca e in ginocchio. Vuole questo essere un esempio per tutta la Chiesa e un incoraggiamento per i fedeli a ricevere Nostro Signore con maggiore devozione?
Come si sa la distribuzione della Santa Comunione sulla mano rimane tutt’ora, dal punto di vista giuridico, un indulto alla legge universale, concesso dalla Santa Sede a quelle Conferenze Episcopali che ne abbiano fatto richiesta. E ogni fedele, anche in presenza dell’eventuale indulto, ha diritto di scegliere il modo secondo cui accostarsi alla Comunione. Benedetto XVI, cominciando a distribuire la Comunione in bocca e in ginocchio, in occasione della solennità del “Corpus Domini” dello scorso anno, in piena consonanza con quanto previsto dalla normativa liturgica attuale, ha inteso forse sottolineare una preferenza per questa modalità. D’altra parte si può anche intuire il motivo di tale preferenza: si mette meglio in luce la verità della presenza reale nell’Eucaristia, si aiuta la devozione dei fedeli, si introduce con più facilità al senso del mistero.

Il Motu Proprio “Summorum Pontificum” si presenta come un atto tra i più importanti del pontificato di Benedetto XVI. Qual è il suo parere?
Non so dire se sia uno dei più importanti, ma certamente è un atto importante. E lo è non solo perché si tratta di un passo molto significativo nella direzione di una riconciliazione all’interno della Chiesa, non solo perché esprime il desiderio che si arrivi a un reciproco arricchimento tra le due forme del rito romano, quello ordinario e quello straordinario, ma anche perché è l’indicazione precisa, sul piano normativo e liturgico, di quella continuità teologica che il Santo Padre aveva presentato come l’unica corretta ermeneutica per la lettura e la comprensione della vita della Chiesa e, in specie, del Concilio Vaticano II.

Qual è a suo avviso l’importanza del silenzio nella liturgia e nella vita della Chiesa?
E’ un’importanza fondamentale. Il silenzio è necessario alla vita dell’uomo, perché l’uomo vive di parole e di silenzi. Così il silenzio è tanto più necessario alla vita del credente che vi ritrova un momento insostituibile della propria esperienza del mistero di Dio. Non si sottrae a questa necessità la vita della Chiesa e, nella Chiesa, la liturgia. Qui il silenzio dice ascolto e attenzione al Signore, alla sua presenza e alla Sua parola; e, insieme, dice l’atteggiamento di adorazione. L’adorazione, dimensione necessaria dell’atto liturgico, esprime l’incapacità umana di pronunciare parole, rimanendo “senza parole” davanti alla grandezza del mistero di Dio e alla bellezza del suo amore.

La celebrazione liturgica è fatta di parole, di canto, di musica, di gesti…E’ fatta anche di silenzio e di silenzi. Se questi venissero a mancare o non fossero sufficientemente sottolineati, la liturgia non sarebbe più compiutamente se stessa perché verrebbe a essere privata di una dimensione insostituibile della sua natura.

Oggigiorno si sentono, durante le celebrazioni liturgiche, le musiche le più diverse. Quale musica, secondo lei, è più adatta ad accompagnare la liturgia?
Come ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI, e con lui tutta la tradizione passata e recente della Chiesa, vi è un canto proprio della Liturgia e questo è il canto gregoriano che, come tale, costituisce un criterio permanente per la musica liturgica. Come anche, un criterio permanente, lo costituisce la grande polifonia dell’epoca del rinnovamento cattolico, che trova la più alta espressione in Palestrina.

Accanto a queste forme insostituibili del canto liturgico troviamo le molteplici manifestazioni del canto popolare, importantissime e necessarie: purché si attengano a quel criterio permanente per il quale il canto e la musica hanno diritto di cittadinanza nella liturgia nella misura in cui scaturiscono dalla preghiera e conducono alla preghiera, consentendo così un’autentica partecipazione al mistero celebrato.

La crisi economica mondiale al centro del ‘Question Time’ del Papa con i sacerdoti della Capitale: “I peccati dell’avarizia e dell’idolatria dietro il

PETRUS

CITTA’ DEL VATICANO - Il Papa punta il dito contro ''l'avarizia'' e ''l'idolatria del dio Denaro'', responsabili del crollo delle banche americane e della crisi economica che sta mettendo in ginocchio milioni di persone in tutto il mondo. Benedetto XVI si rivolge ai parroci della ''sua'' diocesi di Roma nel tradizionale incontro annuale in Vaticano e parla a braccio, in un contesto che lui stesso definisce ''familiare''. Nel ''question time'' con i circa 500 tra sacerdoti e diaconi della Capitale, il Santo Padre risponde affabilmente alle domande, distribuisce consigli, scherza anche e, tuttavia, non perde mai di vista le grandi questioni attuali e la missione universale della Chiesa che, afferma, ''ha il dovere di denunciare'' i problemi economici e sociali. A questi argomenti, definiti ''punti difficili'', perche' richiedono risposte ''competenti'' oltre alla ''consapevolezza etica formata dal Vangelo'', il Pontefice sta dedicando un'Enciclica ‘sociale’. Intanto, al parroco di Tor Bella Monaca, periferia di Roma, che gli chiede come porsi di fronte alla crisi finanziaria, Benedetto XVI, che parla di due livelli dell'emergenza (quello della "macroeconomia" e quello della vita concreta delle persone che perdono il lavoro o la casa), spiega: ''Il crollo delle grandi banche americane mostra quello che e' l'errore di fondo: l'avarizia e l'idolatria che oscurano il vero Dio, falsificazione di Dio in Mammona''. ''La Chiesa - aggiunge - ha sempre il compito di essere vigilante, di cercare essa stessa, comprendendo le ragioni del mondo economico, di illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dal peccato. Per questo deve farsi sentire ai diversi livelli per aiutare a correggere tanti interessi personali e di gruppi, nazionali e sopranazionali, che si oppongono alle correzioni alla radice dei problemi''. E anche se non riesce talvolta a promuovere ''una correzione radicale e totale - continua -, dobbiamo fare di tutto perche' ci siano correzioni sufficienti, e ostacolare l'affermarsi dell'egoismo che si presenta anche sotto le forme della scienza''. Secondo il Papa, quindi, alla base del discorso economico c'e' quello del peccato originale. ''Se non esistesse il peccato originale - scandisce Ratzinger -, potremmo fare appello alla lucidita' della ragione e riformare cosi' l'umanità''. Ma la ragione ''e' oscurata alla radice dall'egoismo e dall'avarizia di volere il mondo per sè”; egoismo e avarizia che ''curvano'' la volonta', ''non piu' disponibile a fare il bene per gli altri ma solo il bene per se stessi''. Ecco perche' - esorta il Pontefice - e' necessaria da parte della Chiesa ''una denuncia ragionata e ragionevole'' da portare avanti, pero', ''non con grandi moralismi'' ma ''con ragioni concrete''. E' questo, dice il Santo Padre, "un mandato della Chiesa da sempre. Da Leone XIII si cerca di fare denunce, ma non sono sufficienti: l'assenso della ragione esige poi la correzione dei comportamenti". Il problema con il quale confrontarsi "non e' un concetto astratto di peccato, si riferisce alla giustizia che Dio ci da', e la giustizia non si puo' creare solo con modelli economici buoni, che sono necessari, ma si realizza solo se ci sono i giusti: se non ci sono, se non c'e' lavoro umile e quotidiano per convertire i cuori a Dio, allora non c'e' neanche la giustizia collettiva". Per il Pontefice, dunque, "le strutture buone non si realizzano se si oppone ad esse l'egoismo, anche quello di persone competenti". Cosi', "per arrivare ai grandi scopi dell'umanita', bisogna dare degli orientamenti, come gia' fanno i vescovi e le Conferenze Episcopali, perche' tutti dobbiamo erudire alla giustizia. Ma questo non basta: ce lo insegna il dialogo tra Dio e Abramo nel Vecchio Testamento, quando Abramo chiede di salvare la citta' perche' ci sono 100 giusti, e il Signore gli risponde che anche solo dieci sono sufficienti. Ma - osserva il Papa teologo - se mancano 10 giusti con tutta la dottrina, la citta' non sopravvive: il nostro lavoro nelle parrocchie e' che ci siano tanti giusti e in tal modo ci sia giustiza nel mondo". Durante l’incontro, Benedetto XVI non manca di parlare della necessita’ di inserire giovani sacerdoti nelle varie realtà parrocchiali, ha ribadito l’importanza e la validita’ del ‘primato petrino’ e salutato i suoi ospiti, accompagnati dal Cardinale vicario Agostino Vallini, esprimendo apprezzamento per questo tipo di appuntamenti perche’ “a me che non sono un oracolo (…) consentono in un clima di grande familiarita’ (…) di conoscere meglio la realtà”.

martedì 24 febbraio 2009

Il Papa richiama all’ordine i Vescovi ‘dissidenti’

“Basta polemiche: la presunzione di sentirsi superiori allontana da Cristo, porta alla distruzione e fa ermegere una caricatura della Chiesa”

PETRUS

CITTA’ DEL VATICANO - Benedetto XVI ha risposto indirettamente alle tante critiche e ai tanti attacchi piovuti su di lui da vescovi e interi episcopati, per la sua decisione di revocare la scomunica ai lefebvriani e di nominare come ausiliare di Linz, in Austria, un prelato tradizionalista. "San Paolo - ha detto il Papa ai seminaristi di Roma, che ha incontrato al Laterano - rimproverava i Galati: vi mordete e attaccate a vicenda come delle belve: emergono le polemiche e uno morde l'altro. Vediamo bene che anche oggi ci sono cose simili, dove invece di inserirsi nel Corpo di Cristo, con arroganza intellettuale si pensa che uno e' migliore dell'altro, e si fanno polemiche distruttive. Cosi' emerge una caricatura della Chiesa". Per il Pontefice, nella Chiesa attuale serve "un esame di coscienza, che ci aiuti - ha spiegato - a non pensare di essere superiori all'altro, ma a trovarci insieme nell'umilta' della fede, un grande spazio dove Cristo ci ha chiamato ad essere un solo spirito con lui, nell'amore e nella gioia". Le parole del Santo Padre al Seminario Maggiore - dove e' giunto accompagnato dal Cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, e dal Rettore del seminario, Monsignor Giovanni Tani, e si e' fermato anche a cena con gli studenti - assumono un particolare significato perche' pronunciate alla vigilia della festa liturgica della Cattedra di San Pietro, una ricorrenza che, spiega padre Joaquin Alliende, presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che soffre, l'associazione fondata da padre Lardo, "commemora l'incarico particolare affidato da Cristo al primo Vescovo di Roma". L'Acs chiede dunque di "pregare per il Papa dopo il chiasso degli ultimi tempi". "Papa Benedetto XVI - afferma padre Alliende in una nota - e' stato ingiustamente attaccato: si e' assistito ad un ritorno di atteggiamenti aggressivi che sembravano superati". E se pure "sono stati commessi gravi errori da parte di alcune istanze della Santa Sede, cosi' come ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi", secondo il presidente dell'associazione che ha sostenuto le comunita' cristiane d'Oltrecortina durante i quattro decenni del comunismo, "si e' colta l'occasione di tali errori obiettivi per causare una valanga di aggressioni", ferendo "in maniera grossolana la dignita' del Papato e la persona stessa di Benedetto XVI". "Molti hanno manipolato le informazioni. Altri hanno lasciato crollare frivolamente validi fondamenti della nostra tradizione umanista: questo comportamento indegno nei confronti della verita' deteriora gravemente il dialogo tra la societa' civile e le grandi religioni", aggiunge il religioso, definendolo "un segno di scomposizione culturale" con il quale "si ravvivano antiche emozioni settarie". "Si e' cercato di debilitare una figura morale irreprensibile, uno dei grandi fari di speranza per le nuove generazioni". "In mezzo a tanto chiasso - conclude la nota - la personalita' storica di Benedetto XVI emerge incolume, come qualcuno che incarna razionalita', lucida sapienza ed estrema bonta'. Cosi' molti giovani scoprono in lui un riflesso attuale del Buon Pastore". Per questo, l'ACS invita "tutti coloro che credono nel Dio di verita' e di amore ad una giornata speciale di preghiera: preghiamo che lo Spirito Santo illumini e sostenga Papa Benedetto XVI come testimone profetico del Vangelo di Gesu' e come guida per una umanita' che aneli alla pace". Tornando alla ‘lectio magistralis’ tenuta ai seminaristi di Roma, il Pontefice ha tenuto ad evidenziare che assolutizzare il concetto di liberta' espone al rischio di "degradare" la dignita' della persona. "San Paolo - ha rimarcato - ci aiuta a capire che la liberta' non deve divenire un pretesto per vivere secondo la carne". Infatti, "l'assolutizzazione dell'io" finisce col negare la dignita' stessa dell'uomo come Figlio di Dio perche' e' "l'epressione dell'individuo come assoluto, dipendente da nessuno e da niente". "Si dice - ha osservato il successore di Pietro - che se non dipendo da nessuno posso fare quel che voglio. Ma questa e' la degradazione della liberta', e il libertinismo non e' liberazione. Significa ridursi alla carne, apparentemente. La nostra verita' e' che anzitutto siamo creature che viviamo nella relazione con il Creatore. Dipendenti dal Creatore". "Per l'illuminismo e l'ateismo - ha quindi rimarcato - e' una dipendenza da cui liberarsi. Sarebbe cosi' se Dio fosse un tiranno umano, ma non e' cosi': la nostra dipendenza e' essere nello spazio del suo amore. Siamo uniti a Lui, a tutto il suo potere. La relazione d'amore col Creatore e' la chiamata alla vita e percio' vedere Dio, conoscere Dio, inserirsi nella volonta' di Dio, progredire nella relazione con Dio e' l'avventura bella della nostra vita". "Siamo relazionati a Dio ma anche, come famiglia umana - ha sottolineato il Papa teologo - siamo in relazione l'uno con l'altro: non c'e' liberta' contro, ma solo liberta' condivisa. Solo nell'essere insieme possiamo entrare nella liberta' attraverso un cammino verso la liberazione comune, nel quale nessuno va appresso". Per il Pontefice, "se non c'e' una verita' comune dell'uomo, rimane solo il positivismo. Che impone la sua violenza". Il cristianesimo, invece, non e' un insieme di norme che ci obbligano: "La legge - ha rilevato citando Sant'Agostino - trova la sua pienezza in un solo monito: 'Ama e puoi fare quanto vuoi'. Perche' se amiamo davvero, siamo una volonta' sola con il Signore. Solo cosi' siamo realmente liberi. Preghiamo il Signore - ha concluso Benedetto XVI - che ci aiuti in questo cammino: diventiamo un corpo e uno spirito con Lui, e saremo realmente liberi".

I cattoprogressisti iniziano ad essere terrorizzati

MESSAinLATINO.IT

E questo spiega le loro esagitate reazioni dell'ultimo mese.
Dalla rivista dei Gesuiti d’oltreoceano America (caratterizzata da un notevole progressismo) traduciamo quasi per intero di un articolo di P. James Martin S.J., il quale riporta i commenti di Robert Mickens, corrispondente a Roma del periodico inglese The Tablet (anch’esso cattoprogressista).

[..] Non pensate che si faranno smuovere, i lefebvriani. Il Vaticano è intento a trovare una formula che essi possano firmare senza ritrattare alcuna delle loro posizioni.
Un giovane professore dell’Università dei Legionari di Cristo a Roma, don Mauro Gagliardi, ha dato un’indicazione di cosa aspettarsi. “La Fraternità di S. Pio X può offrire alla Chiesa un importante contributo nell’applicazione della ‘ermeneutica della continuità’ che deve applicarsi ai documenti del Vaticano II”, ha detto [v. qui].
L’apparente riferimento all’ermeneutica di Papa Benedetto per interpretare il Concilio è imprecisa, come P. Joseph Komonchak e altri hanno chiaramente indicato, ma non è del tutto erronea. E don Gagliardi non è solo un professore qualunque in Roma. E’ stato recentemente nominato consultore dell’ufficio delle cerimonie liturgiche papali e si muove nei circoli che godono al momento del favore in Vaticano. Ha detto “I ‘lefebvriani’ hanno una spiritualità ed un carisma che può essere una ricchezza per la vita dell’intera Chiesa”. Questa è certo l’opinione del card. Castrillòn e probabilmente riflette, almeno in qualche misura, pure il pensiero del Papa.

Non c’è dubbio che Papa Benedetto rivoglia la FSSPX nella Chiesa. Fino ad ora ha fatto di tutto per venire incontro alle loro richieste. Lo farà anche sull’interpretazione del Concilio. I due documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2007 (sulla natura della Chiesa il 29 giugno e sull’evangelizzazione il 3 dicembre) hanno già cominciato a preparare la strada per questo. I lefebvriani argomenteranno, e il Papa concorderà, che, in sostanza, noi abbiamo dopo il Vaticano II la stessa dottrina che avevamo prima. Tutti i ‘cambiamenti’ furono meramente stilistici od operativi, ma non teologici; ossia, nessuno dei cambiamenti era essenziale, per cui nessuno deve essere adottato. Il Vaticano e la Fraternità diranno anche, insieme, che molto del Concilio fu fortemente mal interpretato da teologi e vescovi nel periodo postconciliare, ed essi citeranno perfino la lunga lista di teologi che la Congregazione per il culto divino ha condannato, per provare che Roma non è mai franata. Nonostante tutto sia contrario (cioè il fatto che la FSSPX non accetta realmente né vive il Vaticano II) troveranno un sistema insieme per limare una formula che li aiuti a professare “vera fedeltà e vero riconoscimento” del Concilio (alla luce della costante Tradizione) ma consenta loro di continuare a vivere come se il Vaticano II non fosse mai esistito. Ci sono già un numero di comunità Ecclesia Dei in comunione con Roma (derivazioni della FSSPX come la Fraternità sacerdotale S. Pietro) che fanno questo correntemente. La formula prodotta sarà falsa come l’inventato nonsenso delle “due forme dell’unico rito romano”.



Voi state probabilmente dicendo che questo scenario è un’esagerazione e che questo non potrebbe mai accadere. Molti l’hanno detto prima. Non poche persone mi hanno definito stridulo, isterico e peggio nel 2005 quando cominciai a dire che il Papa era intento a preparare un indulto universale per l’uso della Messa tridentina. Il motu proprio alla fine arrivò nel luglio 2007 e allora la maggior parte delle persone cercò di minimizzarlo, dicendo che non avrebbe avuto effetto pratico nelle nostre parrocchie, ecc. Di nuovo io dissi che gli effetti ci sarebbero stati. Sono solo passati 18 mesi (!) e i cambiamenti stanno cominciando a verificarsi, specialmente nei seminari.

Tutto questo dovrebbe essere causa di grande allarme per quelli di noi che ancora credono che qualcosa di monumentale è avvenuto al Vaticano II, che ci furono sviluppi, riforme e – sì – punti di rottura col passato (nonostante i contrari argomenti del Papa che non convincono).
Joseph Ratzinger sta completando, come papa, il lavoro che ha cominciato più di venticinque anni fa come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Niente di meno che la intera reinterpretazione del Concilio Vaticano Secondo. E nessuno sembra volerlo o poterlo fermare.

Robert Mickens - James Martin, SJ

Gli ortodossi plaudono ad una riconciliazione con la Tradizione

MESSAinLATINO.IT

Dichiarazione dello Ieromonaco della Chiesa ortodossa russa Alexandre Siniakov (nella foto), responsabile delle relazioni esterne e dei rapporti con le chiese della diocesi di Chersoneso (che comprende Francia, Spagna, Portogallo e Svizzera ) e membro della rappresentanza della Chiesa russa presso l’Unione Europea. Questa dichiarazioni è da leggere in parallelo a quelle dell’allora metropolita (e ora Patriarca) Cirillo sul valore della Tradizione, anche liturgica, e sull’apprezzamento per il Papa Benedetto che riporta la sua Chiesa alla Tradizione (v. i nostri post qui e qui). Chissà che cosa diranno coloro che accusano il Papa di essere antiecumenico: mai, negli ultimi 40 anni, si erano avuti risultati così brillanti (e in poco tempo) di vero ecumenismo: con gli ortodossi, con gli anglicani tradizionalisti, con i lefebvriani.

Non possiamo che rallegrarci che ci siano stati dei passi avanti verso la comunione eucaristica tra i vescovi della Fraternità S. Pio X e il papa Benedetto XVI [..] Sono rimasto stupefatto di constatare l’assenza di solidarietà di certi cattolici in rapporto alla decisione del papa. Non ha fatto altro che esercitare il suo ministero di unità; è un po’ triste di vedere che questo divide la Chiesa cattolica. Credo di poter dire che, dal loro lato, i media ortodossi russo hanno percepito piuttosto positivamente la revoca delle scomuniche. Ci sembra che il papa non voglia allontanarsi dalla tradizione anteriore al Vaticano II e desideri lasciar che i fedeli vivano ciò serenamente, senza costrizioni. Secondo noi, non si possono imporre ai fedeli delle riforme, fossero anche conciliari, senza il pieno consenso e la totale ricezione del popolo di Dio. Sarebbe far violenza al Corpo di Cristo! La Chiesa russa ha conosciuto uno scisma per ragioni liturgiche, dopo il concilio del 1666-1667. E’ lo scisma dei vecchi credenti. Eppure le riforme erano molto meno rilevanti di quelle che hanno marcato il concilio Vaticano II. Ma delle scomuniche furono lanciate all’epoca e lo scisma dura sempre. Nel 1970, il patriarcato di Mosca, ad iniziativa del metropolita Nicodemo (Rotov) ha tolto quelle scomuniche e anatemi. Ma, in un certo modo, era troppo tardi. Credo modestamente che il papa abbia avuto ragione: togliere le scomuniche rapidamente è una cosa necessaria per non lasciare che uno scisma perduri.

mercoledì 4 febbraio 2009

Raccolta di firme per il Papa


Su internet è in corso una raccolta di firme di sostegno a Santo Padre in questi giorni tempestosi. Riportiamo il testo della lettera per chi vuole esprimere, come noi, la sua adesione. Assicurano i curatori dell'iniziativa (che ha base in Francia) la confidenzialità garantita ai nomi dei firmatari, la cui lista sarà consegnata esclusivamente alla Santa Sede. Segue il testo della lettera e, sotto, il link al sito per aggiungere il proprio nome alla lista.




Il 21 gennaio 2009, Voi avete deciso, Santissimo Padre, di porre un termine alla scomunica che gravava sui vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Con questo gesto coraggioso, avete agito da pastore del gregge affidatoVi da Dio.

Noi siamo uomini e donne impegnati nella vita delle nostre città, padri e madri di famiglia, o celibi e, dopo un'epoca tempestosa durante la quale la nave sembrava imbarcare acqua da tutte le parti, noi esprimiamo il desiderio di costruire con Voi la Chiesa di domani sulle basi della sua Tradizione. Quest'opera richiede necessariamente la trasmissione della Fede alle generazioni future, tramite l’amore per la Liturgia cattolica e la difesa della vita umana.

Con questa lettera desideriamo inanzittutto esprimerVi la nostra viva gratitudine. Se questo Vostro gesto storico potrà provocare l'abbandono da parte di alcuni mass-media ostili che prosperano in acque torbide, esso suscita in noi una gioia immensa e ci riempie di Speranza. Noi abbiamo già pregato per Voi, in seguito alla Vostra richiesta che avete espresso all’inizio del Vostro Pontificato : «Pregate per me, affinché io non fugga, per paura, davanti ai lupi».

Apponendo la nostra firma alla presente lettera, noi desideriamo comunicarVi la nostra eta’, il numero dei nostri bambini, per dirVi che, con Voi, vogliamo costruire la Cristianità per le generazioni che ci succederanno, Cristianità che sarà, lo speriamo con tutto il cuore, senza complessi e che proclamerà a tutto il Mondo il Credo.

E’ con uno spirito di rispetto filiale che noi Vi assicuriamo il nostro sostegno e le nostre preghiere quotidiane per il proseguio del Vostro Pontificato, affinché la Chiesa di Dio ne risulti più grande.

Link al sito per firmare la lettera:
http://www.soutienabenoitxvi.org/index.php?lang=it


"L’arrendevolezza dei buoni aumenta l’audacia dei malvagi"
Leone XIII, Enciclica Sapientiæ Christianæ 10 gennaio 1890


da:MESSAINLATINO.it

martedì 3 febbraio 2009

Complotto contro il Papa?


Dietro al vescovo negazionista c'è un complotto contro il Papa. A scriverlo oggi su Il Giornale è Andrea Tornielli. In Vaticano gira un dossier sul caso del vescovo lefebvriano Williamson: l’intervista in cui mette in dubbio la Shoah sarebbe stata strumentalizzata da ambienti anti Ratzinger. Lo strano ruolo di due giornaliste francesi vicine ai massoni.
Roma - È un dossier ufficioso, di poche pagine, dedicato alla genesi del caso Williamson, molto letto in questi giorni nei sacri palazzi. Un dossier che ha raggiunto le scrivanie che contano oltretevere e che mette insieme date e circostanze, lasciando intendere che quanto avvenuto nei giorni scorsi non sia solo frutto di una serie di coincidenze. La realizzazione e poi la messa in onda dell’intervista del prelato che negava le camere a gas e la realtà dei milioni di ebrei morti nella Shoah, alla vigilia della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani - secondo il dossier - sarebbe stata in qualche modo «pilotata» da ambienti che volevano mettere in difficoltà Benedetto XVI. Ambienti che sarebbero stati aiutati da qualche oppositore interno, contrario alla riconciliazione con la Fraternità San Pio X.

Nel rapporto non si minimizzano le assurde parole pronunciate da Williamson, né l’ulteriore gravità della coincidenza temporale con il Giorno della Memoria, che ha particolarmente ferito la sensibilità del mondo ebraico, ma si lascia intravedere la possibilità che vi siano stati interventi mirati a creare il caso. Williamson, si legge nel dossier, viene intervistato il 1° novembre 2008 «presso il seminario bavarese della Fraternità San Pio X». Il vescovo si trova a Ratisbona, dov’è giunto per ordinare prete un pastore protestante svedese. Il vescovo viene raggiunto dal giornalista Ali Fegan, della trasmissione televisiva «Uppgrad Gransking» («Missione Ricerca»). Parlano un’ora. A un certo punto, Fegan richiama alla memoria di Williamson certe dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas, rilasciate molti anni prima in Canada. Il vescovo risponde dicendo le enormità che sappiamo, sapendo che le sue parole, in quel Paese, rappresentano un reato: «Per le cose che dico potreste portarmi in carcere visto che siamo in Germania...».

L’intervista va in onda il 21 gennaio, lo stesso giorno della firma del decreto di revoca della scomunica. Gli autori del programma assicurano che si è trattato di una coincidenza, mentre il «dossier Williamson» non esclude la possibilità che la notizia della revoca della scomunica sia stata fatta in qualche modo arrivare alla televisione svedese. Nel corso della trasmissione viene intervistata anche la giornalista francese Fiammetta Venner, nota attivista del movimento omosessuale, impegnata in campagne «pro choice». Insieme alla compagna Caroline Fourest – con la quale condivide molte battaglie anticlericali nonché la vicinanza al Grande Oriente di Francia – nel settembre scorso, alla vigilia della visita di Benedetto XVI a Parigi e Lourdes, aveva dato alle stampe un volume intitolato Les Nouveaux Soldats du pape. Légion du Christ, Opus Dei, traditionalistes, durissimo contro Papa Ratzinger e contro i lefebvriani, accusati di connessioni con l’ambiente politico dell’estrema destra francese. Il dossier insiste sulla genesi francese del caso e sul ruolo avuto da Venner e Fourest nell’intera vicenda. Il 20 gennaio, alla vigilia della messa in onda, il settimanale tedesco Der Spiegel anticipa i contenuti dell’intervista. E arriverà pure a scrivere che «il Consiglio Centrale degli ebrei in Germania» fosse «stato informato» in precedenza delle dichiarazioni negazioniste del vescovo.

Ormai il decreto è già scritto ed è stato personalmente consegnato dal cardinale Giovanni Battista Re nelle mani di monsignor Bernard Fellay, il superiore della Fraternità San Pio X, convocato a Roma per l’occasione. Dunque, quando la notizia dell’intervista di Williamson comincia a diffondersi, non è più possibile correre ai ripari. Il 20 gennaio la diocesi cattolica di Stoccolma e il superiore dei lefebvriani tedeschi pubblicano due distinti comunicati per deplorare le dichiarazioni di Williamson e condannare ogni forma di antisemitismo. La notizia è ormai di dominio pubblico, ma la sua portata e soprattutto le sue conseguenze non vengono avvertite nei sacri palazzi.

Un intricato «giallo», insomma, oppure una serie di coincidenze? Il dossier fatto circolare in Vaticano non contiene prove, si limita a confrontare ipotesi e dati di fatto. Di certo però non sono in pochi, oltretevere, a pensare che il «caso Williamson» non sia stato un caso.

da: mediatrice.net

domenica 1 febbraio 2009

Le critiche al Papa? Esattamente il contrario dello spirito del Vaticano II. Predicano bene e razzolano male. I Lelebvriani sono cattolici a tutti gli effetti e Lefebvre fu un padre conciliare.


“Le critiche di Hans Kung e di alcuni giornali al Papa?. Ingenerose ed infondate. Guardi su questo tema concordo pienamente sia nel titolo che nella sostanza con quanto ha scritto l’Osservatore Romano”: lo afferma Monsignor Nicola Bux, interpellato per telefono a Bari. Bux, teologo raffinato e mente pensante, pondera e calibra le parole, quasi detta e dice: “ il Concilio Vaticano II, passato alla storia per un evento pastorale, predicò la misericordia, la tolleranza, il perdono,il dialogo. Penso però che queste indicazioni debbano applicarsi a 360 gradi. Ma oggi accede il contrario. Coloro che si scandalizzano e stracciano le vesti per presunte violazioni dello spirito conciliare, attaccano il Papa con argomenti e toni accesi che fanno a pugni proprio con il Concilio. Ricordo a me stesso,prima che a lei, che in quel Concilio, si parlò della medicina della misericordia”. Che cosa vuol dire?: “ che il a, nel revocare la scomunica, ...

... Papa ha appunto somministrato con saggezza la efficace medicina della misericordia come un buon medico. Oggi lo bersagliano per essersi comportato secondo i dettami del Concilio, non le sembra singolare”?

Se la prendono con i lefebvriani e con Monsignor Williamson anche se la Fraternità con spirito di umiltà ha chiesto perdono: “ dunque. A me risulta che i Lefebvriani siano cattolici a tutti gli effetti e nessuno può negarlo. Che Monsignor Lefebvre fu uno dei padri conciliari e che persino ne firmò i documenti. Detto questo mi chiedo: sono realmente cattolici al cento per cento tutti coloro i quali, sia pur dichiarandosi tali, e pur non avendo mosso passi formalmente scismatici, nella realtà contestano il Magistero della Chiesa e l’autorità del Papa?. A me sembra curioso che ci si dimentichi di queste realtà e che si usi il Concilio Vaticano II,come arma impropria contro qualcuno”.

Aggiunge: “ in quella assise e di quella assise si disse che fondava la nuova ecclesiologia,la svolta epocale, e via discorrendo. Bene, e lo ripeto, i fatti dimostrano che le buone e rette intenzioni oggi sono diventate un argomento per attaccare e non per scusare”. Si ha talvolta l’idea che si cerchi un ecumenismo zoppo. Ovvero, il dialogo può avviarsi verso certi settori se piacciono a sinistra, ma è vietato quando tende a destra: “ in un certo qual modo, la cosa è vera. Si ha la sensazione di due pesi e di due misure. Lo torno a ripetere. Chi oggi insulta, offende, o censura in maniera esagerata il Papa Benedetto XVI per la revoca della scomunica ai quattro Vescovi Lefebvriani, si mette alle spalle proprio il Magistero della Chiesa e del Concilio Vaticano II. Cristo è perdono, amore, pietà, misericordia. Bene, che cosa ha fatto il Pontefice? Un gesto di misericordia, una mano tesa, esattamente quello che Cristo e la Chiesa predicano e per questo è sottoposto a critiche feroci”.

Il putiferio si è scatenato per le imbarazzanti dichiarazioni sul tema olocausto del Vescovo Williamson: “ indubbiamente quelle frasi sono quanto meno opinabili,ma non fanno parte del suo Magistero pastorale. In altre parole, non le ha pronunciate da Vescovo, tanto meno la Chiesa le ha fatte proprie,anzi ne ha preso le distanze. In sostanza sono valutazioni personali di Monsignor Williamson che io non apprezzo,ma che per altro verso non vincolano la Chiesa. Aggiungo che ognuno è libero delle sue affermazioni, assumendone poi le conseguenze. Ma non per questo io posso prendermela con tutti i tradizionalisti”.

Si ferma e conclude così: “ vero, il Vescovo Williamson ha detto cose inopportune. Ma noi guardiamo sempre la pagliuzza nell’occhio altrui e mai la trave che abbiamo nel nostro. Se dovessimo fare la graduatoria e la classifica delle tante opinioni fuori di logica e stravaganti di laici, religiosi, vescovi e cardinali, occuperemmo molto del nostro tempo. Quindi sarebbe giusto abbassare i toni della polemica e valutare l’atteggiamento del Papa solo come un atto di perdono e misericordia. Esattamente quello che dice il Vaticano II ,tanto sbandierato, e la Chiesa”.

Bruno Volpe
pontifex.roma.it