sabato 14 novembre 2009

MONS. LEFEBVRE: IL FILM

La Fraternità San Pio X al fine di far conoscere il suo fondatore, l'Arcivescovo Marcel Lefebvre, ha deciso di lanciare un vero e proprio film che ripropone le tappe della vita del famoso Prelato, Arcivescovo di Dakar in Senegal, Padre conciliare al Vaticano II, Superiore dei Padri dello Spirito Santo, difensore della Tradizione e del Magistero!!!
GRAZIE MONSIGNORE!!!
Tutti i particolari sul sito: www.monseigneurlefebvre.org.
Ecco la presentazione del film:

SOLO IL TRADIZIONALISMO RESISTE AL CROLLO DEL CATTOLICESIMO

La chiesa di Francia perde peso in Vaticano e seminaristi nelle diocesi
articolo tratto da Palazzo Apostolico
di Paolo Rodari
(vedi anche newsletter di Paix Liturgique )

Roma. E’ di tre giorni fa un pezzo del Monde in cui si sosteneva come la chiesa di Francia, quella delle gerarchie, abbia perso gran parte della propria influenza sul governo della curia romana. Questione di numeri anzitutto: in pensione i cardinali Roger Etchegaray e Paul Poupard, l’unico capo dicastero francese rimasto è Jean-Louis Tauran, presidente del pontificio consiglio per il Dialogo interreligioso. Poi, è vero, ci sono Dominique Mamberti e Jean-Louis Bruguès ma entrambi – corso il primo, della Francia pirenaica il secondo – sono posti sì prestigiosi ma di seconda fascia che ricoprono in curia: segretario per i rapporti con gli stati Mamberti e segretario dell’Educazione cattolica Bruguès. Se il Monde abbia ragione è difficile dirlo. Di certo c’è che, valutazione del peso sulla curia romana a parte, è tutta la chiesa d’oltralpe che non sta passando uno dei suoi momenti migliori, almeno a leggere i numeri. Pesanti i dati 2008 (quelli 2009 usciranno tra qualche settimana). I sacerdoti diocesani sono solo 15 mila e l’età media supera i 75 anni. Ogni anno ne vengono ordinati circa 100 mentre 900 muoiono o abbandonano. In alcune diocesi le parrocchie vengono raggruppate in “aggregazioni” dove capita che un unico prete serva dieci, venti o anche quaranta chiese. Ci sono diocesi che tra una decina di anni avranno non più di dieci preti in attività.
Il dato più preoccupante riguarda i seminaristi: erano 4.536 nel 1966, sono poco più di 500 oggi: diocesi come Pamiers, Belfort, Agen, Perpignan non hanno avuto alcuna vocazione. Le ordinazioni restano pochissime: dopo il Concilio Vaticano II, il numero è lievitato spaventosamente verso il basso: erano 825 i preti ordinati nel 1956, sono stati circa 90 nel 2008.
Assieme a tutte le diocesi, piange anche Parigi. Era considerata un’eccezione nel panorama francese: una chiesa prospera, un seminario fiorente, le finanze in attivo. Erano gli anni 80-90, gli ultimi da grandeur: l’asse Wojtyla-Lustiger (ex arcivescovo di Parigi) produsse nella capitale un fiorire di vocazioni. Parigi aveva un clero giovane e numeroso. Oggi – ancora dati 2008 – si contano circa 50 seminaristi, dieci le ordinazioni ogni anno (se ne prevedono sette nel 2010 e quattro nel 2011).
Dal punto di vista dei fedeli la situazione non è migliore. Il calo della pratica religiosa, considerevole negli anni 70, continua in modo inesorabile. I praticanti sono molto scarsi (quattro per cento se essere “praticanti” è andare in chiesa una volta al mese) e di età relativamente matura. Resistono – ed è questo un dato che fa pensare – i movimenti (Emmanuel, Frères de Saint-Jean, Communauté Saint-Martin) e soprattutto i gruppi tradizionalisti. Già oggi circa un terzo del totale dei seminaristi francesi proviene da queste comunità: con 388 luoghi di culto domenicali, più di quattro per diocesi, la sensibilità tridentina fa sentire il proprio peso. A molto ha giovato, paradossalmente, un certo modo “lassista” d’interpretare il Concilio. A fronte d’una chiesa troppo aperta verso le sirene del mondo, se ne è creata di fatto un’altra che questa mondanizzazione non ha mai voluto accettare. E oggi è proprio quest’altra – appunto la cosiddetta chiesa tradizionalista – a rappresentare una speranza. Non è la chiesa lefebvriana. E’ una chiesa che con lo scisma di Econe non c’entra nulla. Dentro era e dentro resta la chiesa cattolica, seppure con una propria specifica sensibilità. Nel 2008 i seminaristi di queste comunità sono stati 160: più o meno un terzo del numero totale dei seminaristi diocesani. E i numeri sono in aumento.
Sono dati che fanno riflettere, a tratti anche impaurire. Sentimenti diversi, presenti all’interno dell’episcopato francese adunato a Lourdes per l’assemblea generale: lui, l’episcopato francese (gran parte di esso), è stato tra i più strenui oppositori del Motu proprio “Summorum Pontificum”. Loro, le comunità tradizionaliste, quelle che l’hanno maggiormente benedetto, perché con più forza le ha confermate in ciò che sono: parte della chiesa cattolica. E l’episcopato, numeri alla mano, prima o poi dovrà rendergliene atto.
Pubblicato sul Foglio venerdì 13 novembre 2009

sabato 25 luglio 2009

Anniversario "straordinario" a Catania


Parrocchia Santuario Santa Maria dell'Aiuto - Catania

SANTA MESSA SOLENNE IN RITO ROMANO ANTICO nel 47° anniversario di Ordinazione Sacerdotale del Parroco Mons. Carmelo Smedila MARTEDÌ 28 LUGLIO 2009 ore 18.30



In occasione del 47° anniversario di Ordinazione Sacerdotale, il parroco, Mons. Carmelo Smedila, Cappellano di Sua Santità, Vicario Foraneo del I Vicariato urbano, Decano dell’insigne Capitolo della Basilica Collegiata di S. Maria dell’Elemosina in Catania, celebrerà una Santa Messa Solenne in Rito Romano antico alle 18.30 di martedì 28 luglio 2009. Mons. Smedila, amico sensibile della Tradizione, offrirà il Santo Sacrificio nella medesima forma dell’ordinazione e sul medesimo altare sul quale ricevette il Sacerdozio per le mani dell’Ecc.mo Arcivescovo Guido Luigi Bentivoglio nel 1962. Per particolare devozione alla Vergine santissima, titolare della Chiesa dov’è venerata come “Madonna dell’Aiuto”, verrà celebrata la Messa votiva di Maria Auxilium Christianorum, inghirlandata dalle musiche del M° Paolo Cipolla e dalle voci dell’Ensamble Studium Musicae. Presterà servizio il Collegio Liturgico “Cardinal Francica Nava”, fondato lo scorso giovedì santo ed operante nella stessa parrocchia.

venerdì 24 luglio 2009

Convegno sul motu proprio con Pontificale in San Pietro

GIOVANI e TRADIZIONE
AMICIZIA SACERDOTALE “SUMMORUM PONTIFICUM”
Organizza:

Il 2° Convegno sul Motu proprio “Summorum Pontificum”
di S.S. Papa Benedetto XVI: un grande dono per tutta la Chiesa
.

Roma, 16-18 ottobre 2009
Sede: Sala Convegni – Casa Bonus Pastor – Via Aurelia, 208 – ROMA




PRE-CONVEGNO di Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum
Giornata Sacerdotale – Anno Sacerdotale 2009-10 ( per sacerdoti, diaconi, religiosi, seminaristi)

Venerdì 16 ottobre 2009
Ore 16,00: Accoglienza
Ore 16,15: Canto del Veni Creator
Introduzione: “L’anno sacerdotale voluto dal Santo Padre: un dono per i Sacerdoti e la Chiesa” (R.P. Vincenzo M. Nuara, O.P.)
Ore 16,30: Conferenza spirituale: “Cristo, ideale del Sacerdote” (S.E.R. Mons. Athanasius Schneider, C.R.S.C.)
Ore 17,30: pausa
Ore 18,00: Condivisione
Ore 19,00: Adorazione Eucaristica- Vespri - Benedizione.
Ore 20,00: Cena
Ore 21,00: S. Rosario
Ore 21,30: Incontro di “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum”.
(P. Vincenzo M. Nuara, O.P. e Don Camillo Magarotto)
Ore 22,30: Compieta


CONVEGNO


Sabato 17 ottobre 2009

Ore 8,00: Santa Messa
(Celebrante: S.E.R. Mons. Athanasius Schneider, C.R.S.C.)
(Coro dei Francescani/e dell’Immacolata)

Ore 9,00: Accoglienza e iscrizioni al convegno
Ore 9,30: Canto del Veni Creator
Introduzione ai lavori:
(R.P. Vincenzo M. Nuara, O.P. – Fondatore e Animatore di “Giovani e Tradizione”/ “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum”, Roma)
Ore 10,00: 1^ Relazione: “ La sacralità e la bellezza della Liturgia nei Santi Padri”.
(S.E.R. Mons. Athanasius Schneider, C.R.S.C. - Vescovo Ausiliare di Karaganda- Kazakhstan)
Ore 11,00: 2^ Relazione: “ Cattolicità e Romanità della Chiesa nell’ora presente”.
( Prof. Roberto De Mattei, Professore di Storia della Chiesa e del Cristianesimo all’Università Europea - Roma)
Ore 11,30: 1^ Comunicazione: “L’arte sacra a servizio della Liturgia cattolica”.
(M.R.D. Michael John Zielinski, O.S.B. Oliv.- Abate- Vice presidente della Pontificia Commissione dei Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra)
Ore 12,00: Angelus
Ore 12,15 : 2^ Comunicazione: “La musica sacra a servizio della Liturgia cattolica ”.
(M.R. Mons. M° Valentino Miserachs Grau- Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra)
(pausa pranzo)
Ore 15,30: S. Rosario
Ore 16,00: 3^ Relazione: “Il Motu proprio Summorum Pontificum per la crescita della vita religiosa”.
(M.R.P. Stefano M. Manelli, F.I. – Fondatore e Ministro Generale dei Francescani dell’Immacolata).
Ore 17,00: 4^ Relazione: “Il Motu proprio Summorum Pontificum e l’ermeneutica della continuità” .
(M.R. Mons. Prof. Brunero Gherardini, Ordinario emerito di Ecclesiologia e Decano emerito della facoltà di Teologia nella Pontificia Università Lateranense, Canonico Vaticano).
0re 18,30: Conclusioni
Ore 19,00: Canto del Te Deum e Benedizione Eucaristica.
(Celebrante: M.R. Mons. Camille Perl, Vice-Presidente emerito della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” – Canonico Vaticano).
(Coro dei Francescani/e dell’Immacolata).
(pausa cena)
Ore 21,30: Incontro di “Giovani e Tradizione”
( Angelo Pulvirenti – Coordinatore di G. e T.)


Domenica 18 ottobre 2009
Ore 10,00: Basilica Patriarcale di San Pietro in Vaticano (Cappella della Adorazione Eucaristica), Santa Messa Pontificale in Rito Romano Antico celebrata da S.E.R. Mons. Raymond Leo Burke – Arcivescovo- Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
(Coro dei Francescani/e dell’ Immacolata )
Ore 12,00: Angelus col Santo Padre in Piazza San Pietro.

Note organizzative:

-Organizzazione: Giovani e Tradizione/Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum (Acireale/Roma) www.giovanietradizione.org ; info: 330.702501
-Sede del convegno: Casa Bonus Pastor, Via Aurelia, 208, ROMA – tel. 6987.1282 - www.casabonuspastor.it
-Quota di partecipazione: E. 20,00; (per i giovani, studenti, seminaristi, novizi/e, religiosi/e in formazione Euro 10,00).
-La prenotazione al convegno si può effettuare in anticipo tramite il sito web di Giovani e Tradizione .

-I sacerdoti potranno celebrare la Santa Messa nella Cappella Maggiore della Casa Bonus Pastor durante la giornata del convegno.

- Per partecipare alla celebrazioni liturgiche, i sacerdoti, i diaconi e i seminaristi indossino la veste talare con la fascia, la cotta e la berretta; i religiosi l’abito corale proprio.
-Ogni convegnista provvederà personalmente a cercare l’alloggio in Roma.
- I pasti si potranno consumare nella sede del convegno al costo di E. 15,50 a pasto prenotandosi nella segreteria del convegno entro le ore 11,00.


Uffici del convegno:
Moderatore del convegno: P. Vincenzo M. Nuara, O.P.
Segretario generale: Angelo Pulvirenti (Coordinatore di G. e T.)
Ufficio pastorale di A.S.S.P.: Don Camillo Magarotto (dioc. Adria - Rovigo); Don Leonardo Pompei (dioc. Latina), Don Giuseppe Di Giovanni (dioc. Palermo), Don Joseph Kramer, F.S.S.P. (Roma), Don Giuseppe Vallauri, F.D.P. (Roma).
Ufficio liturgico: Don Gilles Guitard, I.C.R.S.S. – Don Marco Cuneo (dioc. Albenga-Imperia) – Don Joseph Luzuy, I.C.R.S.S. - Sr. M. Cecilia Pia Manelli, F.I. - P. Giovanni Manelli, F.I.- Giovanni Turturice.
Ufficio di segreteria: Marialuisa Li Volti- Marilena Lubrano - Marcella Lagumina –
Ufficio di relazioni col pubblico: Giovanni Turturice – Concetto Battiato -Emanuele Presacco – Salvatore Toscano –
Ufficio stampa: Dott. Alessandro Gnocchi - Angelo Pulvirenti.

giovedì 14 maggio 2009

Il documento ufficiale del card. Caffarra sulla comunione in mano

MESSAINLATINO.IT




CARLODEL TITOLO DI S. GIOVANNI BATTISTA DEI FIORENTINI DELLA SANTA ROMANA CHIESA PRETECARDINALE CAFFARRAPER GRAZIA DI DIO E DELLA S. SEDE APOSTOLICAARCIVESCOVO DI BOLOGNAGRAN CANCELLIERE DELLA FACOLTA TEOLOGICA DELL'EMILIA-ROMAGNA



Cancelleria Arcivescovile Prot. 2224 Tit. 1 Fasc. 6 Anno 2009


DISPOSIZIONI SULLA DISTRIBUZIONE DELLA-COMUNIONE EUCARISTICA


Fin dalle sue origini la Chiesa apostolica ha espresso la convinzione di fede che i discepoli s'incontrano con il Risorto, ne fanno esperienza nel primo giorno dopo il sabato ascoltando la Parola di Dio e la sua spiegazione e spezzando il pane eucaristico (cfr. Le 24, 13-35; Al 20, 7-12). San Giustino nella I Apologia, al n. 67 testimonia l'ulteriore sviluppo di questa prassi.La predicazione degli apostoli, poi, illustrava ai fedeli la grandezza del Sacramento dell'altare e le disposizioni interiori necessarie per potervi partecipare con frutto, senza correre il rischio di mangiare e bere la propria condanna (cfr. lCor 11,29), ma al contrario perché mangiando di quel pane, Corpo di Cristo dato per la vita del mondo, chi crede possa avere la vita eterna (cfr. Cv 6,51).È quindi preciso dovere dell'apostolo esortare spesso i cristiani perché possano ricevere degnamente il Corpo di Cristo plasmando la propria vita ad immagine di Colui che nel sacramento viene ricevuto.La pietà e la venerazione interiore con cui i fedeli si accostano all'Eucaristia si manifesta anche esteriormente nel modo con cui essi ricevono il Pane consacrato.La catechesi dei pastori non manchi dunque di soffermarsi anche sul modo con cui ci si può accostare all'Eucaristia perché si eviti il più possibile che il Santissimo Sacramento dell'Eucaristia sia trattato con superficialità o addirittura in modo irriverente o, peggio ancora, sacrilego.Dobbiamo infatti prendere atto che purtroppo si sono ripetuti casi di profanazione dell'Eucaristia approfittando della possibilità di accogliere il Pane consacrato sul palmo della mano, soprattutto, ma non solo, in occasione di grandi celebrazioni o in grandi chiese oggetto di passaggio di numerosi fedeli .Per tale motivo è bene vigilare sul momento della santa Comunione partendo dall'osservanza delle comuni norme ben note a tutti.La distribuzione dell'Eucaristia avvenga in modo pacato ed ordinato, sia fatta in primo luogo dai ministri ordinati (presbitero e diacono); solo in loro mancanza dai ministri a ciò istituiti (accoliti). Solo in casi veramente eccezionali si ricorra ad altri ministri istituiti (lettori), alle religiose o a fedeli ben preparati.Durante la Comunione i ministranti assistano il ministro, per quanto possibile, vigilando che ogni fedele dopo aver ricevuto il Pane consacrato lo consumi immediatamente davanti al ministro e che per nessun motivo venga portato al posto, oppure riposto nelle tasche o in borse o altrove, né cada per terra e venga calpestato.L'Eucaristia è infatti il bene più prezioso che la Chiesa custodisce, presenza viva del Signore Risorto; tutti i fedeli si devono sentire chiamati a fare ogni sforzo perché questa presenza sia onorata prima di tutto con la vita e, poi, con i segni esteriori della nostra adorazione.In ogni caso, considerata anche la frequenza in cui sono stati segnalati casi di comportamenti irriverenti nell'atto di ricevere l'Eucaristia, disponiamo che a partire da oggi nella Chiesa Metropolitana di S. Pietro, nella Basilica di S. Petronio e nel Santuario della B.V. di San Luca in Bologna i fedeli ricevano il Pane consacrato solamente dalle mani del ministro direttamente sulla lingua.Raccomandiamo poi a tutti i sacerdoti di richiamare al popolo loro affidato la necessità di essere in grazia di Dio per poter ricevere l'Eucaristia e il grande rispetto dovuto al sacramento dell'Altare: con la catechesi, la predicazione, la celebrazione attenta e amorosa del Santi Misteri, educando i fedeli ad adorare il Dio fatto uomo con l'atteggiamento della vita e con la partecipazione curata in tutto, anche nei gesti, alla Mensa del Signore.Esortiamo infine i fedeli a mettere ogni impegno perché l'Eucaristia, fonte e culmine di tutta la vita cristiana, sia sempre più amata e venerata, riconoscendo in essa la presenza stessa del Figlio di Dio in mezzo a noi.Bologna, dalla Residenza Arcivescovile, 27 aprile 2009.


+Carlo Card. Caffarra Arcivescovo

ABOLIAMO LA PREGHIERA DEI FEDELI

MESSAINLATINO.IT

Qual è per voi il momento meno ispirato (diciamo così, ma è un eufemismo) della Santa Messa riformata? La terza monizione con la sfilza degli avvisi? Il segno della pace in cui ci si sbraccia da panca a panca? L'augurio del prete di buona domenica e buona settimana subito di seguito all'"Andate in pace"? O forse il Padre nostro in cui il vicino, se non preferisce girare all'insù le palme degli arti come un tapinello, cerca di agguantare proditoriamente le vostre mani per formare così una catena dell'amore?
No: il momento peggiore è sicuramente la preghiera dei fedeli. Quella serie che sembra inesauribile di aria fritta e buone intenzioni scìpite, per lo più scritte con l'eleganza stilistica di una circolare ministeriale e, come è purtroppo frequente, balbettata con discontinua dizione da una brigata di faccendieri della parrocchia, che si alternano allo strumento del Potere, il Microfono. Ad ogni frasetta, occorre rispondere con un'invocazione (anche se alle labbra affiora piuttosto un'imprecazione) che genialmente non è mai la stessa e si dimentica subito dopo la prima ripetizione, sicché solo i proclamatori all'ambone possono rispondersi alle stupidaggini che hanno appena finito di leggere.
Intendiamoci: le preghiere dei fedeli non sarebbero nulla di male se fossero sul serio quello che il nome sembra indicare: ossia se i parrocchiani esprimessero davvero sentite intenzioni di orazione. Qualcosa di concreto, come: Preghiamo per la signora Maria, che deve affrontare una difficile operazione; per i terremotati d'Abruzzo, perché il Signore li consoli nella prova; per i ragazzi dell'oratorio, perché crescendo restino bravi ragazzi, ecc.
E invece, è la fiera dell'aria fritta, la sagra della dissipazione vocale, l'apoteosi del luogo comune.
Siamo un po' acidi, oggi? Forse: ma leggetevi le preghiere dei fedeli di domenica scorsa, 10 maggio 2009, come proposte, a centinaia o migliaia di parrocchie italiane, da quel libello titolato La Domenica, stampato dalle Paoline con l'imprimatur (e questo spiega molto) del famigerato vescovo Dho di Alba (Piemonte). Noi ci troviamo, peggio ancora che l'insulsaggine abituale, concetti apertamente anticattolici. Ecco qua, con i nostri commenti in rosso:
1. Per il papa, i vescovi, i presbiteri, i diaconi e tutti i ministri del Vangelo [cosa dicevamo circa il linguaggio da circolare ministeriale?]: perché siano segni viventi di comunione, capaci di suscitare fraternità e comprensione, collaborazione ed amore [non interessa dunque un fico che sappiano evangelizzare e convertire, far conoscere e amare il Signore, pregare e toccare i cuori, visto che manco vi si accenna]
Assemblea: Visita, Signore, la tua vigna [una volta si rispondeva sempre "Ascoltaci, Signore", ed era semplice per tutti; ora il versicolo è diverso ogni domenica, col divertente effetto che chi non lo dimentica subito del tutto, come minimo lo storpia alle successive risposte]
2. Per la famiglia, luogo di formazione ai valori umani e cristiani, perché possa educare i figli ad uno spirito universale, aperto e responsabile verso il mondo e i suoi problemi [l'educazione cristiana non è dunque più trasmissione della Fede, ma indottrinamento ad uno "spirito universale" aperto al mondo e ai suoi problemi]
3. Per i fanciulli che si preparano alla prima Comunione: perché vivano con le loro famiglie un'esperienza intensa dell'incontro con il Signore e, di domenica in domenica, partecipino con gioia al banchetto eucaristico [la Messa ridotta a festoso banchetto, non fa nemmeno più notizia].
4. Per ciascuno di noi che è chiamato a vivere il comandamento dell'amore, perché l'Eucaristia che celebriamo ci dia la forza per testimoniare il Vangelo sempre e dovunque [possibile che non ci si renda conto che la stucchevolezza di questi continui richiami puramente labiali e generici all'amore finisce per svilire la nobiltà e l'importanza di quel comandamento, riducendolo ad una sorta di bolsaggine?].
La riforma della riforma dovrebbe risolutamente passare anche per di qua. Paoline, dite qualcosa di cattolico...

lunedì 4 maggio 2009

Bux: “Essere immersi in Lui, nella verità”. Una lezione di liturgia.

ROMA, mercoledì, 29 aprile 2009 (ZENIT.org) - Nel suo contributo, don Nicola Bux, docente di teologia sacramentaria e liturgia a Bari e consultore di diversi dicasteri della Santa Sede, ci offre una meditazione in chiave di teologia liturgica sull’omelia pronunciata dal Santo Padre durante la Santa Messa crismale di quest’anno. Le riflessioni di don Bux offrono interessanti suggerimenti per comprendere la mens liturgica di Benedetto XVI (Mauro Gagliardi).

di don Nicola Bux

Chi legge l’introduzione del Papa ai suoi scritti sulla liturgia, editi per ora in lingua tedesca, trova questo passaggio:
«Non mi interessavano i problemi specifici della scienza liturgica, ma sempre l’ancoraggio della liturgia nell’atto fondamentale della nostra fede e quindi anche il suo posto nella nostra intera esistenza umana».Forse questa schiettezza confermerà taluni liturgisti in quello che già pensano: Joseph Ratzinger non è un vero esperto di liturgia. Il problema è che la liturgia, dopo il Concilio, è stata da molti studiosi disancorata dal domma; quindi era difficile per un liturgista postconciliare leggere, ad esempio, il libro di Ratzinger Das Fest des Glaubens (tradotto in italiano col titolo La festa della fede). Ancora fino all’elezione pontificia, capitava di udire vescovi sconsigliare la lettura di Einführung in den Geist der Liturgie (versione italiana: Introduzione allo spirito della liturgia). Alcuni si chiedevano: come poteva un dommatico (sic!) come Ratzinger scrivere di liturgia?Pian piano, cominciamo ad accorgerci che abbiamo smarrito, nell’approccio alla liturgia, l’essenziale, per perderci dietro tecnicismi estenuanti ed estetismi evanescenti. Non capita spesso di sentir dire, al termine di una liturgia: «È stata una celebrazione riuscita»? La chiave per capire il pensiero liturgico di Ratzinger sta al contrario nello sguardo orientato alla Croce e a Colui che vi pende: sguardo ad un tempo reale e simbolico, artistico e mistagogico; in una parola, liturgico.L’omelia della Messa crismale del giovedì santo di quest’anno ci riporta allo «spirito della liturgia» come lo avverte il Santo Padre. Anche perché tocca quel rapporto essenziale tra Ordinazione sacerdotale e culto – il prete è ordinato essenzialmente al culto, inteso come offerta a Dio – innanzitutto perché rimette in auge il concetto di consacrazione come sacrificio per Gesù Cristo e di conseguenza per chi voglia far altrettanto col suo corpo, quale culto logico (cf. Rm 12,1-2). Direi, anzi, che questo sia proprio dipendente dalla «consacrazione nella verità». Così, «mi consacro» è uguale a «mi sacrifico», il sacerdote è nello stesso tempo la vittima – «una parola abissale» che permette lo sguardo a Gesù Cristo nel più intimo, perché si raggiunge il mistero della redenzione, del sacerdozio della Chiesa, ovvero ciò che soprattutto essa è chiamata a fare nel mondo e del mondo: una consacrazione. Altro che dialogo col mondo: «un passaggio di proprietà» dal mondo a Dio è il prete; ma questo è vero in radice per tutti i cristiani. Non è la liturgia un sacrificio, un «privarsi di qualcosa per consegnarla a Dio»? Essa non è in nostra proprietà: è «un essere messi da parte». Di qui segue la funzione di rappresentare gli altri davanti a Lui.Ma la liturgia è una consacrazione nella verità, perché la parola di Dio è la Verità. Come dice più avanti, è Cristo stesso la Verità. La liturgia della Parola deve essere una consacrazione nella verità, perché ha una vis – forza, vis evangelii – distruttrice del demonio e purificatrice come acqua e fuoco dello Spirito, e infine creatrice perché «trasforma nell’essere di Dio». Saremo capaci di presentare così la prima parte della Santa Messa?«E allora come stanno le cose nella nostra vita?» – domanda il Papa a se stesso, a noi tutti, ai suoi collaboratori – e indaga con un esame di coscienza a doppio taglio che ci scruta. Seguiamo il mondo con i suoi pensieri e mode, oppure Lui? Altrimenti non ci si deve stupire del montare della «superbia distruttiva e la presunzione, che disgregano ogni comunità e finiscono nella violenza. Sappiamo noi imparare da Cristo la retta umiltà – quante volte ricorre tale parola nella liturgia! – che corrisponde alla verità del nostro essere, e quell’obbedienza, che si sottomette alla verità, alla volontà di Dio?».Insomma dalla parola di Dio si schiude l’accesso alla verità di cui bisogna diventare ed essere discepoli sempre di nuovo. Anzi, in Cristo che è la Verità accade il «rendili una sola cosa con me… Lègali a me. Tirali dentro di me» – e qui è il passaggio alla liturgia eucaristica, al sacrificio. Questa è l’unità vera, ecumenica e non; questa è la comunione: unificarsi a Lui. «Sostanzialmente essa ci è stata donata per sempre nel Sacramento». In specie per il sacerdote – a maggior ragione quando celebra – «L’unirsi a Cristo suppone la rinuncia. Comporta che non vogliamo imporre la nostra strada e la nostra volontà: che non desideriamo diventare questo o quest’altro, ma ci abbandoniamo a lui, ovunque e in qualunque modo Egli voglia servirsi di noi… Nel “sì” dell’Ordinazione sacerdotale abbiamo fatto questa rinuncia fondamentale al voler essere autonomi, alla “autorealizzazione”». Solo così la liturgia diventa servizio di Dio, anzi preghiera! Pregare «è un semplice presentare noi stessi davanti a Lui». Essere ammessi alla Sua presenza, cioè, a compiere il servizio sacerdotale.Ed ecco il passaggio dalla preghiera personale a quella pubblica: «Ma affinché questo non diventi un autocontemplarsi – quanta liturgia è così (cf. meditazione alla IX stazione della Via Crucis 2005) – è importante che impariamo continuamente a pregare pregando con la Chiesa. Celebrare l’Eucaristia vuol dire pregare. Celebriamo l’Eucaristia in modo giusto, se col nostro pensiero e col nostro essere entriamo nelle parole che la Chiesa ci propone»: qui c’è tutto il giudizio sulla cosiddetta creatività che è invece un uscire dalle parole della liturgia per preferire le nostre parole. «In essa è presente la preghiera di tutte le generazioni, le quali ci prendono con sé sulla via verso il Signore»: la liturgia appartiene alla Tradizione con la T maiuscola. «E come sacerdoti siamo nella Celebrazione eucaristica coloro che, con la loro preghiera, fanno strada alla preghiera dei fedeli di oggi». Ed ecco il tocco ascetico: «Se noi siamo interiormente uniti alle parole della preghiera, se da esse ci lasciamo guidare e trasformare, allora anche i fedeli trovano l’accesso a quelle parole. Allora tutti diventiamo veramente “un corpo solo e un’anima sola” con Cristo». E si realizzerà l’unità dei cristiani. Qui la liturgia del Sacrificio diventa Comunione santa al Corpo e al Sangue.Non è finita: l’immersione nella verità e santità di Dio vuol dire «anche accettare il carattere esigente della verità; contrapporsi nelle cose grandi come in quelle piccole alla menzogna che in modo così svariato è presente nel mondo… neppure dimenticare che in Gesù Cristo verità e amore sono una cosa sola. Essere immersi in Lui significa essere immersi nella sua bontà, nell’amore vero». E ritorniamo alla caratteristica che fa del culto cristiano un culto logico: essere offerta razionale di se stessi: «Cristo chiede per i discepoli la vera santificazione, che trasforma il loro essere, loro stessi; che non rimanga una forma rituale, ma sia un vero divenire proprietà di Dio stesso. Potremmo anche dire: Cristo ha chiesto per noi il sacramento che ci tocca nella profondità del nostro essere». Questo ogni giorno deve diventare vita. Perciò «la rivelazione diventa liturgia» (Gesù di Nazaret, p. 356).Nella liturgia il Signore ci immerge in se stesso e ci fa diventare «uomini di verità, uomini di amore, uomini di Dio».

Fonte Zenit © Innovative Media, Inc.

giovedì 30 aprile 2009

I vescovi tedeschi stoppano la nomina di un cattoprogressista

Messainlatino.it

I Vescovi tedeschi hanno opposto il loro veto alla nomina del previsto Presidente (non aveva competitori per le elezioni interne) del Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi (Zentralkomittee der deutschen Katholiken), la principale organizzazione laicale di Germania (come il sinistro nome "comitato centrale" lascia indovinare) e forse la più grande del genere nel mondo. Il candidato era Heinz Wilhelm Brockmann (nella foto), Segretario di Stato del Ministero della Cultura del Land Hessen; il suo partito è la CDU (il partito cristiano democratico). Brockmann ha spiegato ai media che è importante che i Cattolici partecipino alla società civile e si confrontino con temi essenziali come il clima, l'educazione, il comportamento etico in economia.
Avrebbe dovuto essere eletto alla Presidenza (anche perché non ci sono altri candidati) il prossimo otto maggio, fortemente spinto dai vari consigli pastorali diocesani. Sennonché lo statuto dell'organizzazione richiede che la conferenza episcopale approvi l'elezione del nuovo presidente con una maggioranza di due terzi; e richiesta di un'approvazione preventiva, la conferenza episcopale l'ha respinta a maggioranza.
Il vescovo di Osnabrück, Mons. Franz-Josef Bode, ha ritenuto molto spiacevole la decisione dei suoi confratelli, che tra l'altro non ha precedenti; il portavoce del vescovo ha osservato come mons. Bode ritenesse il candidato "ben qualificato" per l'importante posizione.
Perché dunque la (lodevolissima) bocciatura?
Perché Brockmann è attivo da sempre in corpi laicali il cui obiettivo è minare dall'interno la Chiesa.
Egli è vicino a gruppi dissidenti, nostalgici degli anni Sessanta e Settanta, come Chiesa Popolare, Chiesa dal basso, e simili.
E' cofondatore dell'organizzazione di consultori Donum Vitae che, a dispetto del nome, si occupa di rilasciare alle madri incinte i certificati, richiesti dalla legge tedesca, per avere accesso all'aborto.
Quando la Chiesa tedesca volle separarsi dalle sue responsabilità in simili organizzazioni abortiste, Brockmann definì la scelta "un disastro".
Infine, profittando del suo impegno politico, si è battuto per l'insegnamento della religione islamica nelle scuole.Riconosciamo dunque merito, in questo frangente, ai vescovi tedeschi. Forse qualcosa si muove.

Fonte: Cathcon

Liturgia, Ranjith va a Colombo. La salute di Canizares




Ormai è deciso e la pubblicazione della nomina potrebbe essere resa nota già sabato prossimo: monsignor Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, attuale segretario della Congregazione del culto divino, lascia una seconda volta la Curia romana per tornare oin Sri Lanka. Sarà nominato arcivescovo di Colombo, e non si esclude, per lui, la berretta cardinalizia in un prossimo concistoro. Vescovo ausiliare di Colombo nel 1991, nel novembre 1995 gli venne assegnata la diocesi cingalese di Ratnapura. Sei anni dopo, nell’ottobre 2001, Papa Wojtyla lo nominò segretario aggiunto della Congregazione di Propaganda Fide, guidata dal cardinale Crescenzio Sepe. I due non andarono molto d’accordo, e così, a sorpresa, nell’aprile 2004 Ranjith - che non apparteneva al servizio diplomatico della Santa Sede - fu nominato nunzio apostolico in Indonesia e Timor Est. Il prelato, ben conosciuto dall’allora cardinale Ratzinger, considerò l’allontanamento un’ingiusta punizione. Nessuno si sorprese, dunque, che Benedetto XVI, pochi mesi dopo l’elezione, nel dicembre 2005, lo richiamasse a Roma come segretario del Culto divino. Tutti pensavano che, al momento della pensione per l’allora Prefetto, il cardinale nigeriano Francis Arinze, sarebbe toccato al suo vice di prenderne il posto. Considerato dagli avversari troppo vicino ai tradizionalisti e ai lefebvriani, a causa anche di qualche intervista improvvida dai toni poco misurati, Ranjith ha visto prima sfumare la possibilità della successione ad Arinze (anche se il nome dell’attuale Prefetto, il pororato spagnolo Antonio Canizares Llovera, era tra quelli suggeriti da lui), e ora viene allontanato per la seconda volta dalla Curia romana. La sua presenza in prima linea sulla frontiera asiatica sarà importante, perché lì si gioca una sfida decisiva per la Chiesa. Ma è difficile non considerare la nomina un promoveatur ut amoveatur. Si conferma così quello della liturgia come un ambito delicatissimo, teatro di “battaglie” tra impostazioni diverse. Ed è significativo che Papa Ratzinger abbia deciso di affidare il dialogo con i lefebvriani non alla Congregazione del Culto, ma a quella per la Dottrina della Fede. Dal fine della scorsa settimana, il cardinale Canizares è ricoverato al Policlinico Gemelli per una tromboflebite (ne ha dato notizia il quotidiano spagnolo ABC). Lo stress delle ultime settimane, legato alla designazione del successore di Ranjith, ne ha aggravato le conseguenze. Il porporato, che si sta riprendendo bene, dovrà rimanere in ospedale per due settimane e dunque - se la nomina a Colombo di Ranjith sarà resa nota già sabato - difficilmente sarà contestualmente annunciato anche il suo successore, sul cui nome nei sacri palazzi si è giocata una non facile partita. Sarà, con tutta probabilità, un vescovo anglofono. Si tratta di una nomina delicatissima e ben ponderata: il nuovo segretario avrà infatti un ruolo chiave per poter contribuire a pacificare finalmente il “campo di battaglia” liturgico, attuando al contempo con moderazione, a piccoli passi, ma con determinazione, quella “riforma della riforma” liturgica tanto auspicata da Benedetto XVI: senza inutili nostalgie per il passato né sterili formalismi, guardando al futuro nel solco tracciato dal Concilio Vaticano II e al tempo stesso correggendo con pazienza storture e abusi liturgici. Negli ultimi anni i segretari del Culto si sono avvicendati con una frequenza che non ha precedenti negli altri dicasteri curiali. In molti si augurano che questa volta la scelta sia ben ponderata e l’eletto abbia davanti a sé un tempo sufficiente per ambientarsi e collaborare efficacemente con il Prefetto Canizares e con il Papa.


Fonte Sacri Palazzi

venerdì 24 aprile 2009

Il Cardinale Biffi rompe il silenzio e si schiera con Benedetto XVI: “Contro di lui i profeti del niente”


tratto da Petrus


CITTA’ DEL VATICANO - Al Papa spetta sempre l'ultima parola per le questioni di Chiesa, quelle legate alla fede, perché "è sempre il normale punto di riferimento" e a lui tocca quindi "l'ultimo insindacabile giudizio nell'indirizzo pastorale". Il Cardinale Giacomo Biffi torna a parlare dopo anni di silenzio. E difende con tutte le forze Benedetto XVI, attaccato a più riprese da "molti profeti del niente". Lo fa appoggiandosi all'Arcivescovo di Canterbury, Sant'Anselmo, nel giorno in cui la Chiesa ricorda la sua morte avvenuta nel 1109. In qualità di inviato speciale del Pontefice, Biffi presiede nella cattedrale di Aosta la Messa in occasione delle celebrazioni del IX centenario della morte di Sant'Anselmo. E' dal 2004, da quando ha lasciato per sopraggiunti limiti d'età la sede arcivescovile di Bologna, che il Cardinale non esponeva in pubblico sue riflessioni, a parte alcune pubblicazioni e la predicazione lo scorso anno degli esercizi spirituali del Papa. Orarompe ogni indugio e nell'omelia sferra un attacco implicito, ma duro a chi, anche all'interno della Chiesa, non ha risparmiato critiche ad alcune recenti posizioni di Benedetto XVI. "Non perdete mai di vista la funzione primaria e insostituibile della Sede di Pietro", dice Biffi ricordando la parola di Anselmo durante il suo pontificato in Inghilterra. Anselmo è rimasto "solo" come apparentemente pare rimanere solo, davanti a certe posizioni di alcuni vescovi, anche l'attuale Papa. "Anselmo - spiega il Cardinale nella sua omelia - sa che a Pietro e ai suoi successori (e non ad altri) Gesù ha detto: 'Conferma i tuoi fratelli'; sa che a Pietro e ai suoi successori (e non ai vari opinionisti nella sacra doctrina, per quanto dotti e geniali) Gesù ha promesso: 'Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli'; sa che a Pietro e ai suoi successori (e non all'una o all'altra colleganza ecclesiastica o culturale) Gesù ha dato il compito di pascere l'intero suo gregge". "Anche noi - continua - non dobbiamo mai dimenticarlo: la Sede Apostolica è sempre il normale punto di riferimento e l'ultimo insindacabile giudizio per ogni problema che riguarda la verità rivelata, la disciplina ecclesiale, l'indirizzo pastorale da scegliere". Il messaggio dell'Arcivescovo di Canterbury è ancora attuale: "Di questi nostri tempi che così spesso sono costretti ad ascoltare dai più diversi pulpiti la voce baldanzosa dei molti profeti del niente e i discorsi dei compiaciuti assertori di un destino umano senza plausibilità, senza significato, senza speranza". L'ex vescovo di Bologna prende di mira anche chi "giudica fede e ragione" come "due forme di cognizione tra loro incompatibili e del tutto alternative". "Nella cultura odierna, condizionata e dominata da un soggettivismo assoluto - rimarca Biffi - si va affermando altresì una visione pessimistica della naturale conoscenza umana. L'uomo (così pensano in molti) non è in grado di approdare a nessuna verità, che non sia provvisoria e intrinsecamente relativa. Quando si tratta delle questioni che contano - sulla nostra origine, sulla sorte ultima dell'uomo, su una qualche persuasiva ragione del nostro esistere - le certezze oggi vengono addirittura irrise e persino colpevolizzate. Le domande più serie, quando non sono censurate sul nascere dalle varie ideologie dominanti, sono consentite solo come premessa e impulso alla proliferazione dei dubbi".

Il card. Cañizares ripristina la comunione in ginocchio




Nel giorno in cui il card. Antonio Cañizares, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha solennemente pontificato col rito antico in San Giovanni in Laterano, siamo lieti di riferire la notizia che egli, già Arcivescovo di Toledo ed ancora Amministratore apostolico di quell'arcidiocesi (in attesa dell'ingresso del nominato Braulio Rodrìguez Plaza, finora arcivescovo di Valladolid), ha ristabilito le balaustre per la comunione nella cattedrale ed incoraggiato i fedeli a comunicarsi in ginocchio e sulla lingua.
Egli spiega questa scelta in una lunga intervista al quotidiano spagnolo ABC, di cui traduciamo alcuni passaggi significativi
- Alcuni giorni fa, Lei ha invitato i fedeli a ricevere la S. Comunione in ginocchio. La Chiesa, riformando in questo modo la liturgia, si avvicina all'uomo?
La comunione in ginocchio significa il rispetto di Dio; è il cuore dell'uomo che si prosterna davanti a Colui che lo ama fino all'estremo. Sono dei segni. Non si tratta di cambiare per cambiare. Si tratta di coinvolgere tutti i sensi e sormontare la secolarizzazione del nostro mondo. Uno degli obbiettivi delle nostre Congregazioni è realizzare nel corso di questi anni una grande campagna di formazione liturgica.
-Lei è stato un rivoluzionario della liturgia. Da quanto è arrivato a Toledo ha cambiato tutto: il Corpus Domini, con due processioni; o l'ultima Settimana Santa, facendo entrare tutte le processioni nella cattedrale. La città è stata come un campo di prova per il suo nuovo ministero.
Credo che sia quel che Dio e la Chiesa ci chiedono. Il rinnovamento liturgico non è fare cose nuove ma entrare realmente nello spirito della liturgia. Per esempio, il Corpus Domini, è semplicemente una festa culturale del nostro caro popolo di Toledo, o è realmente l'espressione di ciò che è essere cristiano nella sua radice e fondamento?
- Immagino che anche quest'anno ci saranno due processioni e che Lei presiederà le celebrazioni del Corpus Domini. Crede che il suo successore farà altrettanto?
Perché no, perché non dovrebbe mantenere ciò che è bene? Perché questo è bene.
- Ha già parlato di questo con mons. Rodrìguez?
Non ne abbiamo parlato, tuttavia abbiamo molto tempo per parlare e vedere quali sono le motivazioni. Però in tutti i casi, che si dedichi all'Eucarestia il luogo centrale della città di Toledo, che è profondamente eucaristica e riposa su questa identità, è cosa molto buona.
E poiché il buon esempio è diffusivo, altre due diocesi spagnole a partire dalla Settimana Santa hanno disposto inginocchiatoi per la comunione: quella di Malaga e quella castrense (la cui cattedrale si trova a Madrid).

domenica 19 aprile 2009

La Fraternità San Pio X espelle un altro prete


Dopo l'italiano don Abramowicz, cacciato dalla Fraternità per le sue stolte affermazioni negazioniste (tra l'altro pronunziate nel bel mezzo della tempesta Williamson, quindi con l'intento di nuocere al massimo grado), il Superiore dei lefebvriani Mons. Fellay (nella foto) ha ora espulso dalla Fraternità Basilio Méramo.
Questa volta gli Ebrei non c'entrano affatto: Méramo si è distinto per le forti proteste contro i tentativi di mons. Fellay di riavvicinare la Fraternità "alla Roma modernista e liberale": ha considerato la lettera di ringraziamento al Papa per la revoca delle scomuniche un tradimento, poiché equivarrebbe a suo dire a riconoscere che quelle scomuniche erano effettivamente valide; infine ha proposto una mozione per far dichiarare le decadenza di mons. Fellay dal suo incarico di Superiore Generale.
La tesi di fondo del rev. Méramo è che Benedetto XVI stia ordendo una sorta di complotto per riassorbire e neutralizzare gli ultimi difensori della tradizione, ossia la Fraternità: di qui la sua rumorosa opposizione.

Pur nella drammaticità del caso umano, riteniamo salutare e positiva quest'opera di eliminazione, all'interno della Fraternità, degli elementi più estremisti e refrattari. Già mons. Lefebvre aveva allontanato decine di sedevacantisti, palesi o meno, dai ranghi della Fraternità; è giusto che mons. Fellay ne segua l'esempio. La Tradizione, minoritaria e pesantemente sotto attacco, non può permettersi di offrire ai progressisti il fianco, con fin troppo facili argomenti, mostrandosi compromessa con cripto-sedevacantisti, estremisti privi di elementare buon senso e spirito di carità, negazionisti e complottisti lunatici di vario genere. C'è già Williamson, basta ed avanza...

sabato 18 aprile 2009

Un bilancio 'generazionale' del motu proprio secondo un liturgista "di rottura"

tratto da MESSAINLATINO.IT

Nel blog di Matias Augé è pubblicato un post che riporta la conclusione di un più ampio articolo comparso sull'ultimo numero di Concilium, la rivista che, come ci ricorda l'abbé Barthe, esprime l'ideologia del Concilio Vaticano II come rottura e nuovo inizio della Chiesa rispetto ad un passato da rigettare. Il titolo dell'articolo in questione è programmatico ("Un bilancio del motu proprio Summorum pontificum. Quattro paradossi e una intenzione dimenticata") e ne è autore il liturgista Andrea Grillo. Famigerato perché suoi sono alcuni degli attacchi più virulenti alla liberalizzazione dell'antico rito e sempre lui, che nella diocesi di origine (Savona) esercita, benché laico, un potere considerevole, fu l'eminenza grigia (anzi, nemmeno celata, ma palese) che ispirò quel famoso provvedimento dell'allora amministratore diocesano che semplicemente vietò l'applicazione del motu proprio del Papa nella diocesi... Con quanta legittimità, lo lasciamo giudicare anche al lettore più ignaro di diritto canonico e di ecclesiologia. Per inciso, quel divieto, a quanto sembra, vige tuttora con il vescovo Lupi.
Ma torniamo all'argomento: ecco la parte dell'articolo di Grillo pubblicata da don Augé. Non si può negare che sviluppi argomenti nuovi per negare legittimità al motu proprio: a quanto pare non è ancora finita la scorta di specchi da scalare...
Lo “sviluppo organico” della tradizione liturgica comporta inevitabili “svolte”, con una continuità che ha bisogno di alcune vitali discontinuità. Come accade alle generazioni – dove il figlio è pienamente figlio solo quando il padre non gli è più vicino – un rito di Paolo VI, che avesse sempre accanto il rito di Pio V, resterebbe perennemente infantile e fragile, non crescerebbe mai fino alla maturità; mentre un rito di Pio V che non si rassegnasse a perdersi e a ritrovarsi nel figlio, cadrebbe in un paternalismo invadente e in un moralismo senza vera fiducia.Forse ciò che oggi ci manca in misura maggiore è proprio la coscienza di una tale dimensione generazionale e pedagogica del concilio Vaticano II, che era ancora cosciente di avere bisogno di figli e di nipoti perché la tradizione antica potesse avere un seguito e che pertanto poteva considerare il proprio munus come “inizio di un inizio” e non semplicemente come “continuazione di un traditum”, senza la pretesa di “cominciare ex novo”, ovviamente, ma anche senza la presunzione di poter “continuare senza novità”.Il conflitto di interpretazioni che oggi attraversa pericolosamente la coscienza ecclesiale in re liturgica dipende in larga parte dalla mancanza di questa autentica preoccupazione tradizionale “per i figli e per i nipoti”, che noi oggi possiamo recuperare riscoprendo accuratamente le evidenze che hanno guidato il Movimento liturgico originario e la riforma liturgica a impostare una seria risposta alla “questione liturgica”: che la liturgia cristiana possa ancora “generare fede”, possa ancora essere fons di azione ecclesiale e di spiritualità personale, questa è l’unica speranza che la riforma liturgica aveva come obiettivo e che noi non possiamo né ignorare né sottovalutare.Tale istanza non ha cessato di interrogarci e di provocarci, purché non abbiamo deciso – ad un tempo disperatamente e presuntuosamente – di essere gli ultimi cristiani ancora fedeli ad una grande tradizione (solo) antica, ridotta alla figura di un passato prezioso da chiudere in un museo, con aria condizionata e sistemi di sicurezza, ma senza vita e senza figli.
Traduciamo il Grillo in soldoni: il rito di S. Pio V va abbandonato del tutto, perché se esso restasse accanto a quello di Paolo VI, quest'ultimo resterebbe sotto tutela ed impedito di svilupparsi e librarsi in llibertà, così frustrando la giusta e naturale inclinazione di ogni generazione ad affrancarsi dalla figura paterna e a costruire qualcosa di nuovo.
Tra le mille altre obiezioni che si potrebbero opporre a questo specioso argomento (e che lasciamo ai nostri volenterosi commentatori), vogliamo dire solo questo, restando nel discorso "generazionale" lambiccato dal Grillo: è vero che c'è uno scontro tra generazioni, ma non perché i figli si sentano zavorrati dai padri e dal loro rito obsoleto: noi infatti siamo i nipoti, figli di quei figli alla Grillo che hanno dilapidato e buttato via, per cieca presunzione, l'ingente patrimonio dei nonni. Ora noi, eredi dei debiti e delle follie della generazione precedente (di cui Grillo è loquace esponente), non facciamo altro che tentare di recuperare una piccola parte delle ricchezze di famiglia, di cui i nostri padri ci hanno ingiustamente privato.

lunedì 2 marzo 2009

Liturgia, l’inno di lode di Monsignor Marini alla Comunione in ginocchio: “Mette meglio in luce la presenza di Gesù nell’Eucaristia”

PETRUS

CITTA’ DEL VATICANO - "Benedetto XVI, cominciando a distribuire la Comunione in bocca e in ginocchio in occasione della solennita' del 'Corpus Domini' dello scorso anno, in piena consonanza con quanto previsto dalla normativa liturgica attuale, ha inteso forse sottolineare una preferenza per questa modalita'. D'altra parte si puo' anche intuire il motivo di tale preferenza: si mette meglio in luce la verita' della presenza reale nell'Eucaristia, si aiuta la devozione dei fedeli, si introduce con piu' facilita' al senso del mistero". Lo afferma il maestro delle cerimonie pontificie, Monsignor Guido Marini, in un'intervista alla rivista "Radici Cristiane". Il sacerdote genovese chiamato da dal Papa a curare le liturgie vaticane definisce nell'intervita "un passo molto significativo nella direzione di una riconciliazione all'interno della Chiesa", il motu proprio che liberalizza l'uso del messale in latino "non solo perche' esprime il desiderio che si arrivi a un reciproco arricchimento tra le due forme del rito romano, quello ordinario e quello straordinario, ma anche perche' e' l'indicazione precisa, sul piano normativo e liturgico, di quella continuita' teologica che il Santo Padre aveva presentato come l'unica corretta ermeneutica per la lettura e la comprensione della vita della Chiesa e, in specie, del Concilio Vaticano II".

venerdì 27 febbraio 2009

"Il motu proprio esprime l'unica interpretazione corretta del Concilio."


INTERVISTA DI MONS. GUIDO MARINI
AL PERIODICO MENSILE RADICI CRISTIANE
A cura di Maddalena della Somaglia
L'intervista è apparsa in anteprima sul sito del Vaticano

Il Santo Padre sembra avere nella liturgia uno dei temi di fondo del suo pontificato. Lei, che lo segue così da vicino, ci può confermare questa impressione?
Direi di sì. D’altra parte è degno di nota che il primo volume dell’ “opera omnia” del Santo Padre, di ormai prossima pubblicazione anche in Italia, sia proprio quello dedicato agli scritti che hanno come oggetto la liturgia. Nella prefazione al volume, lo stesso Joseph Ratzinger sottolinea questo fatto, rilevando che la precedenza data agli scritti liturgici non è casuale, ma desiderata: sulla falsariga del Concilio Vaticano II, che promulgò come primo documento la Costituzione dedicata alla Sacra Liturgia, seguita dall’altra grande Costituzione dedicata alla Chiesa. E’ nella liturgia, infatti, che si manifesta il mistero della Chiesa. Si comprende, allora, il motivo per cui la liturgia è uno dei temi di fondo del pontificato di Benedetto XVI: è dalla liturgia che prende avvio il rinnovamento e la riforma della Chiesa.

Esiste un rapporto tra la liturgia e l’arte e l’architettura sacra? Il richiamo del Papa a una continuità della Chiesa in campo liturgico non dovrebbe essere esteso anche all’arte e all’architettura sacra?
Esiste certamente un rapporto vitale tra la liturgia, l’arte e l’architettura sacra. Anche perché l’arte e l’architettura sacra, proprio in quanto tali, devono risultare idonee alla liturgia e ai suoi grandi contenuti, che trovano espressione nella celebrazione. L’arte sacra, nelle sue molteplici manifestazioni, vive in relazione con l’infinita bellezza di Dio e deve orientare a Dio alla sua lode e alla sua gloria. Tra liturgia, arte e architettura non vi può essere, dunque, contraddizione o dialettica. Di conseguenza, se è necessario che vi sia una continuità teologico-storica nella liturgia, questa stessa continuità deve trovare espressione visibile e coerente anche nell’arte e nell’architettura sacra.

Papa Benedetto XVI ha recentemente affermato in un suo messaggio che “la società parla con l’abito che indossa”. Pensa si potrebbe applicare questo anche alla liturgia?
In effetti, tutti parliamo anche attraverso l’abito che indossiamo. L’abito è un linguaggio, così come lo è ogni forma espressiva sensibile. Anche la liturgia parla con l’abito che indossa, ovvero con tutte le sue forme espressive, che sono molteplici e ricchissime, antiche e sempre nuove. In questo senso, “l’abito liturgico”, per rimanere al termine da Lei usato, deve sempre essere vero, vale a dire in piena sintonia con la verità del mistero celebrato. Il segno esterno non può che essere in relazione coerente con il mistero della salvezza in atto nel rito. E, non va mai dimenticato, l’abito proprio della liturgia è un abito di santità: vi trova espressione, infatti, la santità di Dio. A quella santità siamo chiamati a rivolgerci, di quella santità siamo chiamati a rivestirci, realizzando così la pienezza della partecipazione.

In un’intervista all’Osservatore Romano, Lei ha evidenziato i principali cambiamenti avvenuti da quando ha assunto la carica di Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie. Ce li potrebbe ricordare e spiegarcene il significato?
Affermando subito che i cambiamenti a cui lei fa riferimento sono da leggere nel segno di uno sviluppo nella continuità con il passato anche più recente, ne ricordo uno in particolare: la collocazione della croce al centro dell’altare. Tale collocazione ha la capacità di tradurre, anche nel segno esterno, il corretto orientamento della celebrazione al momento della Liturgia Eucaristica, quando celebrante e assemblea non si guardano reciprocamente ma insieme guardano verso il Signore. D’altra parte il legame altare - croce permette di mettere meglio in risalto, insieme all’aspetto conviviale, la dimensione sacrificale della Messa, la cui rilevanza è sempre fondamentale, direi sorgiva, e, dunque, bisognosa di trovare sempre un’espressione ben visibile nel rito.

Abbiamo notato che il Santo Padre, da qualche tempo, dà sempre la Santa Comunione in bocca e in ginocchio. Vuole questo essere un esempio per tutta la Chiesa e un incoraggiamento per i fedeli a ricevere Nostro Signore con maggiore devozione?
Come si sa la distribuzione della Santa Comunione sulla mano rimane tutt’ora, dal punto di vista giuridico, un indulto alla legge universale, concesso dalla Santa Sede a quelle Conferenze Episcopali che ne abbiano fatto richiesta. E ogni fedele, anche in presenza dell’eventuale indulto, ha diritto di scegliere il modo secondo cui accostarsi alla Comunione. Benedetto XVI, cominciando a distribuire la Comunione in bocca e in ginocchio, in occasione della solennità del “Corpus Domini” dello scorso anno, in piena consonanza con quanto previsto dalla normativa liturgica attuale, ha inteso forse sottolineare una preferenza per questa modalità. D’altra parte si può anche intuire il motivo di tale preferenza: si mette meglio in luce la verità della presenza reale nell’Eucaristia, si aiuta la devozione dei fedeli, si introduce con più facilità al senso del mistero.

Il Motu Proprio “Summorum Pontificum” si presenta come un atto tra i più importanti del pontificato di Benedetto XVI. Qual è il suo parere?
Non so dire se sia uno dei più importanti, ma certamente è un atto importante. E lo è non solo perché si tratta di un passo molto significativo nella direzione di una riconciliazione all’interno della Chiesa, non solo perché esprime il desiderio che si arrivi a un reciproco arricchimento tra le due forme del rito romano, quello ordinario e quello straordinario, ma anche perché è l’indicazione precisa, sul piano normativo e liturgico, di quella continuità teologica che il Santo Padre aveva presentato come l’unica corretta ermeneutica per la lettura e la comprensione della vita della Chiesa e, in specie, del Concilio Vaticano II.

Qual è a suo avviso l’importanza del silenzio nella liturgia e nella vita della Chiesa?
E’ un’importanza fondamentale. Il silenzio è necessario alla vita dell’uomo, perché l’uomo vive di parole e di silenzi. Così il silenzio è tanto più necessario alla vita del credente che vi ritrova un momento insostituibile della propria esperienza del mistero di Dio. Non si sottrae a questa necessità la vita della Chiesa e, nella Chiesa, la liturgia. Qui il silenzio dice ascolto e attenzione al Signore, alla sua presenza e alla Sua parola; e, insieme, dice l’atteggiamento di adorazione. L’adorazione, dimensione necessaria dell’atto liturgico, esprime l’incapacità umana di pronunciare parole, rimanendo “senza parole” davanti alla grandezza del mistero di Dio e alla bellezza del suo amore.

La celebrazione liturgica è fatta di parole, di canto, di musica, di gesti…E’ fatta anche di silenzio e di silenzi. Se questi venissero a mancare o non fossero sufficientemente sottolineati, la liturgia non sarebbe più compiutamente se stessa perché verrebbe a essere privata di una dimensione insostituibile della sua natura.

Oggigiorno si sentono, durante le celebrazioni liturgiche, le musiche le più diverse. Quale musica, secondo lei, è più adatta ad accompagnare la liturgia?
Come ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI, e con lui tutta la tradizione passata e recente della Chiesa, vi è un canto proprio della Liturgia e questo è il canto gregoriano che, come tale, costituisce un criterio permanente per la musica liturgica. Come anche, un criterio permanente, lo costituisce la grande polifonia dell’epoca del rinnovamento cattolico, che trova la più alta espressione in Palestrina.

Accanto a queste forme insostituibili del canto liturgico troviamo le molteplici manifestazioni del canto popolare, importantissime e necessarie: purché si attengano a quel criterio permanente per il quale il canto e la musica hanno diritto di cittadinanza nella liturgia nella misura in cui scaturiscono dalla preghiera e conducono alla preghiera, consentendo così un’autentica partecipazione al mistero celebrato.

La crisi economica mondiale al centro del ‘Question Time’ del Papa con i sacerdoti della Capitale: “I peccati dell’avarizia e dell’idolatria dietro il

PETRUS

CITTA’ DEL VATICANO - Il Papa punta il dito contro ''l'avarizia'' e ''l'idolatria del dio Denaro'', responsabili del crollo delle banche americane e della crisi economica che sta mettendo in ginocchio milioni di persone in tutto il mondo. Benedetto XVI si rivolge ai parroci della ''sua'' diocesi di Roma nel tradizionale incontro annuale in Vaticano e parla a braccio, in un contesto che lui stesso definisce ''familiare''. Nel ''question time'' con i circa 500 tra sacerdoti e diaconi della Capitale, il Santo Padre risponde affabilmente alle domande, distribuisce consigli, scherza anche e, tuttavia, non perde mai di vista le grandi questioni attuali e la missione universale della Chiesa che, afferma, ''ha il dovere di denunciare'' i problemi economici e sociali. A questi argomenti, definiti ''punti difficili'', perche' richiedono risposte ''competenti'' oltre alla ''consapevolezza etica formata dal Vangelo'', il Pontefice sta dedicando un'Enciclica ‘sociale’. Intanto, al parroco di Tor Bella Monaca, periferia di Roma, che gli chiede come porsi di fronte alla crisi finanziaria, Benedetto XVI, che parla di due livelli dell'emergenza (quello della "macroeconomia" e quello della vita concreta delle persone che perdono il lavoro o la casa), spiega: ''Il crollo delle grandi banche americane mostra quello che e' l'errore di fondo: l'avarizia e l'idolatria che oscurano il vero Dio, falsificazione di Dio in Mammona''. ''La Chiesa - aggiunge - ha sempre il compito di essere vigilante, di cercare essa stessa, comprendendo le ragioni del mondo economico, di illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dal peccato. Per questo deve farsi sentire ai diversi livelli per aiutare a correggere tanti interessi personali e di gruppi, nazionali e sopranazionali, che si oppongono alle correzioni alla radice dei problemi''. E anche se non riesce talvolta a promuovere ''una correzione radicale e totale - continua -, dobbiamo fare di tutto perche' ci siano correzioni sufficienti, e ostacolare l'affermarsi dell'egoismo che si presenta anche sotto le forme della scienza''. Secondo il Papa, quindi, alla base del discorso economico c'e' quello del peccato originale. ''Se non esistesse il peccato originale - scandisce Ratzinger -, potremmo fare appello alla lucidita' della ragione e riformare cosi' l'umanità''. Ma la ragione ''e' oscurata alla radice dall'egoismo e dall'avarizia di volere il mondo per sè”; egoismo e avarizia che ''curvano'' la volonta', ''non piu' disponibile a fare il bene per gli altri ma solo il bene per se stessi''. Ecco perche' - esorta il Pontefice - e' necessaria da parte della Chiesa ''una denuncia ragionata e ragionevole'' da portare avanti, pero', ''non con grandi moralismi'' ma ''con ragioni concrete''. E' questo, dice il Santo Padre, "un mandato della Chiesa da sempre. Da Leone XIII si cerca di fare denunce, ma non sono sufficienti: l'assenso della ragione esige poi la correzione dei comportamenti". Il problema con il quale confrontarsi "non e' un concetto astratto di peccato, si riferisce alla giustizia che Dio ci da', e la giustizia non si puo' creare solo con modelli economici buoni, che sono necessari, ma si realizza solo se ci sono i giusti: se non ci sono, se non c'e' lavoro umile e quotidiano per convertire i cuori a Dio, allora non c'e' neanche la giustizia collettiva". Per il Pontefice, dunque, "le strutture buone non si realizzano se si oppone ad esse l'egoismo, anche quello di persone competenti". Cosi', "per arrivare ai grandi scopi dell'umanita', bisogna dare degli orientamenti, come gia' fanno i vescovi e le Conferenze Episcopali, perche' tutti dobbiamo erudire alla giustizia. Ma questo non basta: ce lo insegna il dialogo tra Dio e Abramo nel Vecchio Testamento, quando Abramo chiede di salvare la citta' perche' ci sono 100 giusti, e il Signore gli risponde che anche solo dieci sono sufficienti. Ma - osserva il Papa teologo - se mancano 10 giusti con tutta la dottrina, la citta' non sopravvive: il nostro lavoro nelle parrocchie e' che ci siano tanti giusti e in tal modo ci sia giustiza nel mondo". Durante l’incontro, Benedetto XVI non manca di parlare della necessita’ di inserire giovani sacerdoti nelle varie realtà parrocchiali, ha ribadito l’importanza e la validita’ del ‘primato petrino’ e salutato i suoi ospiti, accompagnati dal Cardinale vicario Agostino Vallini, esprimendo apprezzamento per questo tipo di appuntamenti perche’ “a me che non sono un oracolo (…) consentono in un clima di grande familiarita’ (…) di conoscere meglio la realtà”.

martedì 24 febbraio 2009

Il Papa richiama all’ordine i Vescovi ‘dissidenti’

“Basta polemiche: la presunzione di sentirsi superiori allontana da Cristo, porta alla distruzione e fa ermegere una caricatura della Chiesa”

PETRUS

CITTA’ DEL VATICANO - Benedetto XVI ha risposto indirettamente alle tante critiche e ai tanti attacchi piovuti su di lui da vescovi e interi episcopati, per la sua decisione di revocare la scomunica ai lefebvriani e di nominare come ausiliare di Linz, in Austria, un prelato tradizionalista. "San Paolo - ha detto il Papa ai seminaristi di Roma, che ha incontrato al Laterano - rimproverava i Galati: vi mordete e attaccate a vicenda come delle belve: emergono le polemiche e uno morde l'altro. Vediamo bene che anche oggi ci sono cose simili, dove invece di inserirsi nel Corpo di Cristo, con arroganza intellettuale si pensa che uno e' migliore dell'altro, e si fanno polemiche distruttive. Cosi' emerge una caricatura della Chiesa". Per il Pontefice, nella Chiesa attuale serve "un esame di coscienza, che ci aiuti - ha spiegato - a non pensare di essere superiori all'altro, ma a trovarci insieme nell'umilta' della fede, un grande spazio dove Cristo ci ha chiamato ad essere un solo spirito con lui, nell'amore e nella gioia". Le parole del Santo Padre al Seminario Maggiore - dove e' giunto accompagnato dal Cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, e dal Rettore del seminario, Monsignor Giovanni Tani, e si e' fermato anche a cena con gli studenti - assumono un particolare significato perche' pronunciate alla vigilia della festa liturgica della Cattedra di San Pietro, una ricorrenza che, spiega padre Joaquin Alliende, presidente internazionale di Aiuto alla Chiesa che soffre, l'associazione fondata da padre Lardo, "commemora l'incarico particolare affidato da Cristo al primo Vescovo di Roma". L'Acs chiede dunque di "pregare per il Papa dopo il chiasso degli ultimi tempi". "Papa Benedetto XVI - afferma padre Alliende in una nota - e' stato ingiustamente attaccato: si e' assistito ad un ritorno di atteggiamenti aggressivi che sembravano superati". E se pure "sono stati commessi gravi errori da parte di alcune istanze della Santa Sede, cosi' come ha affermato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi", secondo il presidente dell'associazione che ha sostenuto le comunita' cristiane d'Oltrecortina durante i quattro decenni del comunismo, "si e' colta l'occasione di tali errori obiettivi per causare una valanga di aggressioni", ferendo "in maniera grossolana la dignita' del Papato e la persona stessa di Benedetto XVI". "Molti hanno manipolato le informazioni. Altri hanno lasciato crollare frivolamente validi fondamenti della nostra tradizione umanista: questo comportamento indegno nei confronti della verita' deteriora gravemente il dialogo tra la societa' civile e le grandi religioni", aggiunge il religioso, definendolo "un segno di scomposizione culturale" con il quale "si ravvivano antiche emozioni settarie". "Si e' cercato di debilitare una figura morale irreprensibile, uno dei grandi fari di speranza per le nuove generazioni". "In mezzo a tanto chiasso - conclude la nota - la personalita' storica di Benedetto XVI emerge incolume, come qualcuno che incarna razionalita', lucida sapienza ed estrema bonta'. Cosi' molti giovani scoprono in lui un riflesso attuale del Buon Pastore". Per questo, l'ACS invita "tutti coloro che credono nel Dio di verita' e di amore ad una giornata speciale di preghiera: preghiamo che lo Spirito Santo illumini e sostenga Papa Benedetto XVI come testimone profetico del Vangelo di Gesu' e come guida per una umanita' che aneli alla pace". Tornando alla ‘lectio magistralis’ tenuta ai seminaristi di Roma, il Pontefice ha tenuto ad evidenziare che assolutizzare il concetto di liberta' espone al rischio di "degradare" la dignita' della persona. "San Paolo - ha rimarcato - ci aiuta a capire che la liberta' non deve divenire un pretesto per vivere secondo la carne". Infatti, "l'assolutizzazione dell'io" finisce col negare la dignita' stessa dell'uomo come Figlio di Dio perche' e' "l'epressione dell'individuo come assoluto, dipendente da nessuno e da niente". "Si dice - ha osservato il successore di Pietro - che se non dipendo da nessuno posso fare quel che voglio. Ma questa e' la degradazione della liberta', e il libertinismo non e' liberazione. Significa ridursi alla carne, apparentemente. La nostra verita' e' che anzitutto siamo creature che viviamo nella relazione con il Creatore. Dipendenti dal Creatore". "Per l'illuminismo e l'ateismo - ha quindi rimarcato - e' una dipendenza da cui liberarsi. Sarebbe cosi' se Dio fosse un tiranno umano, ma non e' cosi': la nostra dipendenza e' essere nello spazio del suo amore. Siamo uniti a Lui, a tutto il suo potere. La relazione d'amore col Creatore e' la chiamata alla vita e percio' vedere Dio, conoscere Dio, inserirsi nella volonta' di Dio, progredire nella relazione con Dio e' l'avventura bella della nostra vita". "Siamo relazionati a Dio ma anche, come famiglia umana - ha sottolineato il Papa teologo - siamo in relazione l'uno con l'altro: non c'e' liberta' contro, ma solo liberta' condivisa. Solo nell'essere insieme possiamo entrare nella liberta' attraverso un cammino verso la liberazione comune, nel quale nessuno va appresso". Per il Pontefice, "se non c'e' una verita' comune dell'uomo, rimane solo il positivismo. Che impone la sua violenza". Il cristianesimo, invece, non e' un insieme di norme che ci obbligano: "La legge - ha rilevato citando Sant'Agostino - trova la sua pienezza in un solo monito: 'Ama e puoi fare quanto vuoi'. Perche' se amiamo davvero, siamo una volonta' sola con il Signore. Solo cosi' siamo realmente liberi. Preghiamo il Signore - ha concluso Benedetto XVI - che ci aiuti in questo cammino: diventiamo un corpo e uno spirito con Lui, e saremo realmente liberi".

I cattoprogressisti iniziano ad essere terrorizzati

MESSAinLATINO.IT

E questo spiega le loro esagitate reazioni dell'ultimo mese.
Dalla rivista dei Gesuiti d’oltreoceano America (caratterizzata da un notevole progressismo) traduciamo quasi per intero di un articolo di P. James Martin S.J., il quale riporta i commenti di Robert Mickens, corrispondente a Roma del periodico inglese The Tablet (anch’esso cattoprogressista).

[..] Non pensate che si faranno smuovere, i lefebvriani. Il Vaticano è intento a trovare una formula che essi possano firmare senza ritrattare alcuna delle loro posizioni.
Un giovane professore dell’Università dei Legionari di Cristo a Roma, don Mauro Gagliardi, ha dato un’indicazione di cosa aspettarsi. “La Fraternità di S. Pio X può offrire alla Chiesa un importante contributo nell’applicazione della ‘ermeneutica della continuità’ che deve applicarsi ai documenti del Vaticano II”, ha detto [v. qui].
L’apparente riferimento all’ermeneutica di Papa Benedetto per interpretare il Concilio è imprecisa, come P. Joseph Komonchak e altri hanno chiaramente indicato, ma non è del tutto erronea. E don Gagliardi non è solo un professore qualunque in Roma. E’ stato recentemente nominato consultore dell’ufficio delle cerimonie liturgiche papali e si muove nei circoli che godono al momento del favore in Vaticano. Ha detto “I ‘lefebvriani’ hanno una spiritualità ed un carisma che può essere una ricchezza per la vita dell’intera Chiesa”. Questa è certo l’opinione del card. Castrillòn e probabilmente riflette, almeno in qualche misura, pure il pensiero del Papa.

Non c’è dubbio che Papa Benedetto rivoglia la FSSPX nella Chiesa. Fino ad ora ha fatto di tutto per venire incontro alle loro richieste. Lo farà anche sull’interpretazione del Concilio. I due documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2007 (sulla natura della Chiesa il 29 giugno e sull’evangelizzazione il 3 dicembre) hanno già cominciato a preparare la strada per questo. I lefebvriani argomenteranno, e il Papa concorderà, che, in sostanza, noi abbiamo dopo il Vaticano II la stessa dottrina che avevamo prima. Tutti i ‘cambiamenti’ furono meramente stilistici od operativi, ma non teologici; ossia, nessuno dei cambiamenti era essenziale, per cui nessuno deve essere adottato. Il Vaticano e la Fraternità diranno anche, insieme, che molto del Concilio fu fortemente mal interpretato da teologi e vescovi nel periodo postconciliare, ed essi citeranno perfino la lunga lista di teologi che la Congregazione per il culto divino ha condannato, per provare che Roma non è mai franata. Nonostante tutto sia contrario (cioè il fatto che la FSSPX non accetta realmente né vive il Vaticano II) troveranno un sistema insieme per limare una formula che li aiuti a professare “vera fedeltà e vero riconoscimento” del Concilio (alla luce della costante Tradizione) ma consenta loro di continuare a vivere come se il Vaticano II non fosse mai esistito. Ci sono già un numero di comunità Ecclesia Dei in comunione con Roma (derivazioni della FSSPX come la Fraternità sacerdotale S. Pietro) che fanno questo correntemente. La formula prodotta sarà falsa come l’inventato nonsenso delle “due forme dell’unico rito romano”.



Voi state probabilmente dicendo che questo scenario è un’esagerazione e che questo non potrebbe mai accadere. Molti l’hanno detto prima. Non poche persone mi hanno definito stridulo, isterico e peggio nel 2005 quando cominciai a dire che il Papa era intento a preparare un indulto universale per l’uso della Messa tridentina. Il motu proprio alla fine arrivò nel luglio 2007 e allora la maggior parte delle persone cercò di minimizzarlo, dicendo che non avrebbe avuto effetto pratico nelle nostre parrocchie, ecc. Di nuovo io dissi che gli effetti ci sarebbero stati. Sono solo passati 18 mesi (!) e i cambiamenti stanno cominciando a verificarsi, specialmente nei seminari.

Tutto questo dovrebbe essere causa di grande allarme per quelli di noi che ancora credono che qualcosa di monumentale è avvenuto al Vaticano II, che ci furono sviluppi, riforme e – sì – punti di rottura col passato (nonostante i contrari argomenti del Papa che non convincono).
Joseph Ratzinger sta completando, come papa, il lavoro che ha cominciato più di venticinque anni fa come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Niente di meno che la intera reinterpretazione del Concilio Vaticano Secondo. E nessuno sembra volerlo o poterlo fermare.

Robert Mickens - James Martin, SJ

Gli ortodossi plaudono ad una riconciliazione con la Tradizione

MESSAinLATINO.IT

Dichiarazione dello Ieromonaco della Chiesa ortodossa russa Alexandre Siniakov (nella foto), responsabile delle relazioni esterne e dei rapporti con le chiese della diocesi di Chersoneso (che comprende Francia, Spagna, Portogallo e Svizzera ) e membro della rappresentanza della Chiesa russa presso l’Unione Europea. Questa dichiarazioni è da leggere in parallelo a quelle dell’allora metropolita (e ora Patriarca) Cirillo sul valore della Tradizione, anche liturgica, e sull’apprezzamento per il Papa Benedetto che riporta la sua Chiesa alla Tradizione (v. i nostri post qui e qui). Chissà che cosa diranno coloro che accusano il Papa di essere antiecumenico: mai, negli ultimi 40 anni, si erano avuti risultati così brillanti (e in poco tempo) di vero ecumenismo: con gli ortodossi, con gli anglicani tradizionalisti, con i lefebvriani.

Non possiamo che rallegrarci che ci siano stati dei passi avanti verso la comunione eucaristica tra i vescovi della Fraternità S. Pio X e il papa Benedetto XVI [..] Sono rimasto stupefatto di constatare l’assenza di solidarietà di certi cattolici in rapporto alla decisione del papa. Non ha fatto altro che esercitare il suo ministero di unità; è un po’ triste di vedere che questo divide la Chiesa cattolica. Credo di poter dire che, dal loro lato, i media ortodossi russo hanno percepito piuttosto positivamente la revoca delle scomuniche. Ci sembra che il papa non voglia allontanarsi dalla tradizione anteriore al Vaticano II e desideri lasciar che i fedeli vivano ciò serenamente, senza costrizioni. Secondo noi, non si possono imporre ai fedeli delle riforme, fossero anche conciliari, senza il pieno consenso e la totale ricezione del popolo di Dio. Sarebbe far violenza al Corpo di Cristo! La Chiesa russa ha conosciuto uno scisma per ragioni liturgiche, dopo il concilio del 1666-1667. E’ lo scisma dei vecchi credenti. Eppure le riforme erano molto meno rilevanti di quelle che hanno marcato il concilio Vaticano II. Ma delle scomuniche furono lanciate all’epoca e lo scisma dura sempre. Nel 1970, il patriarcato di Mosca, ad iniziativa del metropolita Nicodemo (Rotov) ha tolto quelle scomuniche e anatemi. Ma, in un certo modo, era troppo tardi. Credo modestamente che il papa abbia avuto ragione: togliere le scomuniche rapidamente è una cosa necessaria per non lasciare che uno scisma perduri.

mercoledì 4 febbraio 2009

Raccolta di firme per il Papa


Su internet è in corso una raccolta di firme di sostegno a Santo Padre in questi giorni tempestosi. Riportiamo il testo della lettera per chi vuole esprimere, come noi, la sua adesione. Assicurano i curatori dell'iniziativa (che ha base in Francia) la confidenzialità garantita ai nomi dei firmatari, la cui lista sarà consegnata esclusivamente alla Santa Sede. Segue il testo della lettera e, sotto, il link al sito per aggiungere il proprio nome alla lista.




Il 21 gennaio 2009, Voi avete deciso, Santissimo Padre, di porre un termine alla scomunica che gravava sui vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Con questo gesto coraggioso, avete agito da pastore del gregge affidatoVi da Dio.

Noi siamo uomini e donne impegnati nella vita delle nostre città, padri e madri di famiglia, o celibi e, dopo un'epoca tempestosa durante la quale la nave sembrava imbarcare acqua da tutte le parti, noi esprimiamo il desiderio di costruire con Voi la Chiesa di domani sulle basi della sua Tradizione. Quest'opera richiede necessariamente la trasmissione della Fede alle generazioni future, tramite l’amore per la Liturgia cattolica e la difesa della vita umana.

Con questa lettera desideriamo inanzittutto esprimerVi la nostra viva gratitudine. Se questo Vostro gesto storico potrà provocare l'abbandono da parte di alcuni mass-media ostili che prosperano in acque torbide, esso suscita in noi una gioia immensa e ci riempie di Speranza. Noi abbiamo già pregato per Voi, in seguito alla Vostra richiesta che avete espresso all’inizio del Vostro Pontificato : «Pregate per me, affinché io non fugga, per paura, davanti ai lupi».

Apponendo la nostra firma alla presente lettera, noi desideriamo comunicarVi la nostra eta’, il numero dei nostri bambini, per dirVi che, con Voi, vogliamo costruire la Cristianità per le generazioni che ci succederanno, Cristianità che sarà, lo speriamo con tutto il cuore, senza complessi e che proclamerà a tutto il Mondo il Credo.

E’ con uno spirito di rispetto filiale che noi Vi assicuriamo il nostro sostegno e le nostre preghiere quotidiane per il proseguio del Vostro Pontificato, affinché la Chiesa di Dio ne risulti più grande.

Link al sito per firmare la lettera:
http://www.soutienabenoitxvi.org/index.php?lang=it


"L’arrendevolezza dei buoni aumenta l’audacia dei malvagi"
Leone XIII, Enciclica Sapientiæ Christianæ 10 gennaio 1890


da:MESSAINLATINO.it

martedì 3 febbraio 2009

Complotto contro il Papa?


Dietro al vescovo negazionista c'è un complotto contro il Papa. A scriverlo oggi su Il Giornale è Andrea Tornielli. In Vaticano gira un dossier sul caso del vescovo lefebvriano Williamson: l’intervista in cui mette in dubbio la Shoah sarebbe stata strumentalizzata da ambienti anti Ratzinger. Lo strano ruolo di due giornaliste francesi vicine ai massoni.
Roma - È un dossier ufficioso, di poche pagine, dedicato alla genesi del caso Williamson, molto letto in questi giorni nei sacri palazzi. Un dossier che ha raggiunto le scrivanie che contano oltretevere e che mette insieme date e circostanze, lasciando intendere che quanto avvenuto nei giorni scorsi non sia solo frutto di una serie di coincidenze. La realizzazione e poi la messa in onda dell’intervista del prelato che negava le camere a gas e la realtà dei milioni di ebrei morti nella Shoah, alla vigilia della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani - secondo il dossier - sarebbe stata in qualche modo «pilotata» da ambienti che volevano mettere in difficoltà Benedetto XVI. Ambienti che sarebbero stati aiutati da qualche oppositore interno, contrario alla riconciliazione con la Fraternità San Pio X.

Nel rapporto non si minimizzano le assurde parole pronunciate da Williamson, né l’ulteriore gravità della coincidenza temporale con il Giorno della Memoria, che ha particolarmente ferito la sensibilità del mondo ebraico, ma si lascia intravedere la possibilità che vi siano stati interventi mirati a creare il caso. Williamson, si legge nel dossier, viene intervistato il 1° novembre 2008 «presso il seminario bavarese della Fraternità San Pio X». Il vescovo si trova a Ratisbona, dov’è giunto per ordinare prete un pastore protestante svedese. Il vescovo viene raggiunto dal giornalista Ali Fegan, della trasmissione televisiva «Uppgrad Gransking» («Missione Ricerca»). Parlano un’ora. A un certo punto, Fegan richiama alla memoria di Williamson certe dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas, rilasciate molti anni prima in Canada. Il vescovo risponde dicendo le enormità che sappiamo, sapendo che le sue parole, in quel Paese, rappresentano un reato: «Per le cose che dico potreste portarmi in carcere visto che siamo in Germania...».

L’intervista va in onda il 21 gennaio, lo stesso giorno della firma del decreto di revoca della scomunica. Gli autori del programma assicurano che si è trattato di una coincidenza, mentre il «dossier Williamson» non esclude la possibilità che la notizia della revoca della scomunica sia stata fatta in qualche modo arrivare alla televisione svedese. Nel corso della trasmissione viene intervistata anche la giornalista francese Fiammetta Venner, nota attivista del movimento omosessuale, impegnata in campagne «pro choice». Insieme alla compagna Caroline Fourest – con la quale condivide molte battaglie anticlericali nonché la vicinanza al Grande Oriente di Francia – nel settembre scorso, alla vigilia della visita di Benedetto XVI a Parigi e Lourdes, aveva dato alle stampe un volume intitolato Les Nouveaux Soldats du pape. Légion du Christ, Opus Dei, traditionalistes, durissimo contro Papa Ratzinger e contro i lefebvriani, accusati di connessioni con l’ambiente politico dell’estrema destra francese. Il dossier insiste sulla genesi francese del caso e sul ruolo avuto da Venner e Fourest nell’intera vicenda. Il 20 gennaio, alla vigilia della messa in onda, il settimanale tedesco Der Spiegel anticipa i contenuti dell’intervista. E arriverà pure a scrivere che «il Consiglio Centrale degli ebrei in Germania» fosse «stato informato» in precedenza delle dichiarazioni negazioniste del vescovo.

Ormai il decreto è già scritto ed è stato personalmente consegnato dal cardinale Giovanni Battista Re nelle mani di monsignor Bernard Fellay, il superiore della Fraternità San Pio X, convocato a Roma per l’occasione. Dunque, quando la notizia dell’intervista di Williamson comincia a diffondersi, non è più possibile correre ai ripari. Il 20 gennaio la diocesi cattolica di Stoccolma e il superiore dei lefebvriani tedeschi pubblicano due distinti comunicati per deplorare le dichiarazioni di Williamson e condannare ogni forma di antisemitismo. La notizia è ormai di dominio pubblico, ma la sua portata e soprattutto le sue conseguenze non vengono avvertite nei sacri palazzi.

Un intricato «giallo», insomma, oppure una serie di coincidenze? Il dossier fatto circolare in Vaticano non contiene prove, si limita a confrontare ipotesi e dati di fatto. Di certo però non sono in pochi, oltretevere, a pensare che il «caso Williamson» non sia stato un caso.

da: mediatrice.net

domenica 1 febbraio 2009

Le critiche al Papa? Esattamente il contrario dello spirito del Vaticano II. Predicano bene e razzolano male. I Lelebvriani sono cattolici a tutti gli effetti e Lefebvre fu un padre conciliare.


“Le critiche di Hans Kung e di alcuni giornali al Papa?. Ingenerose ed infondate. Guardi su questo tema concordo pienamente sia nel titolo che nella sostanza con quanto ha scritto l’Osservatore Romano”: lo afferma Monsignor Nicola Bux, interpellato per telefono a Bari. Bux, teologo raffinato e mente pensante, pondera e calibra le parole, quasi detta e dice: “ il Concilio Vaticano II, passato alla storia per un evento pastorale, predicò la misericordia, la tolleranza, il perdono,il dialogo. Penso però che queste indicazioni debbano applicarsi a 360 gradi. Ma oggi accede il contrario. Coloro che si scandalizzano e stracciano le vesti per presunte violazioni dello spirito conciliare, attaccano il Papa con argomenti e toni accesi che fanno a pugni proprio con il Concilio. Ricordo a me stesso,prima che a lei, che in quel Concilio, si parlò della medicina della misericordia”. Che cosa vuol dire?: “ che il a, nel revocare la scomunica, ...

... Papa ha appunto somministrato con saggezza la efficace medicina della misericordia come un buon medico. Oggi lo bersagliano per essersi comportato secondo i dettami del Concilio, non le sembra singolare”?

Se la prendono con i lefebvriani e con Monsignor Williamson anche se la Fraternità con spirito di umiltà ha chiesto perdono: “ dunque. A me risulta che i Lefebvriani siano cattolici a tutti gli effetti e nessuno può negarlo. Che Monsignor Lefebvre fu uno dei padri conciliari e che persino ne firmò i documenti. Detto questo mi chiedo: sono realmente cattolici al cento per cento tutti coloro i quali, sia pur dichiarandosi tali, e pur non avendo mosso passi formalmente scismatici, nella realtà contestano il Magistero della Chiesa e l’autorità del Papa?. A me sembra curioso che ci si dimentichi di queste realtà e che si usi il Concilio Vaticano II,come arma impropria contro qualcuno”.

Aggiunge: “ in quella assise e di quella assise si disse che fondava la nuova ecclesiologia,la svolta epocale, e via discorrendo. Bene, e lo ripeto, i fatti dimostrano che le buone e rette intenzioni oggi sono diventate un argomento per attaccare e non per scusare”. Si ha talvolta l’idea che si cerchi un ecumenismo zoppo. Ovvero, il dialogo può avviarsi verso certi settori se piacciono a sinistra, ma è vietato quando tende a destra: “ in un certo qual modo, la cosa è vera. Si ha la sensazione di due pesi e di due misure. Lo torno a ripetere. Chi oggi insulta, offende, o censura in maniera esagerata il Papa Benedetto XVI per la revoca della scomunica ai quattro Vescovi Lefebvriani, si mette alle spalle proprio il Magistero della Chiesa e del Concilio Vaticano II. Cristo è perdono, amore, pietà, misericordia. Bene, che cosa ha fatto il Pontefice? Un gesto di misericordia, una mano tesa, esattamente quello che Cristo e la Chiesa predicano e per questo è sottoposto a critiche feroci”.

Il putiferio si è scatenato per le imbarazzanti dichiarazioni sul tema olocausto del Vescovo Williamson: “ indubbiamente quelle frasi sono quanto meno opinabili,ma non fanno parte del suo Magistero pastorale. In altre parole, non le ha pronunciate da Vescovo, tanto meno la Chiesa le ha fatte proprie,anzi ne ha preso le distanze. In sostanza sono valutazioni personali di Monsignor Williamson che io non apprezzo,ma che per altro verso non vincolano la Chiesa. Aggiungo che ognuno è libero delle sue affermazioni, assumendone poi le conseguenze. Ma non per questo io posso prendermela con tutti i tradizionalisti”.

Si ferma e conclude così: “ vero, il Vescovo Williamson ha detto cose inopportune. Ma noi guardiamo sempre la pagliuzza nell’occhio altrui e mai la trave che abbiamo nel nostro. Se dovessimo fare la graduatoria e la classifica delle tante opinioni fuori di logica e stravaganti di laici, religiosi, vescovi e cardinali, occuperemmo molto del nostro tempo. Quindi sarebbe giusto abbassare i toni della polemica e valutare l’atteggiamento del Papa solo come un atto di perdono e misericordia. Esattamente quello che dice il Vaticano II ,tanto sbandierato, e la Chiesa”.

Bruno Volpe
pontifex.roma.it

lunedì 26 gennaio 2009

Monsignor Lefebvre? Un grande uomo di Chiesa ,custode della vera dottrina.

Intervista a Roberto Gervaso

di Bruno Volpe
PONTIFEX.ROMA.IT

La avverto, io sono un laico e non credente, ma uno storico onesto”, anticipa Roberto Gervaso. Meglio così, la sua testimonianza risulta ancor più importante. Dunque Gervaso, con un gesto unilaterale di carità e misericordia, Papa Benedetto XVI, ha ritirato la scomunica ai quattro Vescovi ordinati da Monsignor Marcelle Lefebvre. Lei come lo commenta?: “ sono favorevole al ritiro. E cerco anche di spiegare il motivo. Da un punto di vista formale e del diritto canonico Giovanni Paolo II non aveva scelta. Ma ritengo che storicamente Lefebvre avesse ragione, in quanto non è pensabile relegare la tradizione della Chiesa in un angolo come roba vecchia. Lefebvre, ma questo la solita retorica non lo tollera, dal suo punto di vista, fu un grande uomo di Chiesa. Ritengo che sia assurdo scomunicare chi rappresenta l’anima del cattolicesimo autentico e per molto tempo si sono tollerati, e si ...
... continua a farlo ,rivoluzionari e gente che tende la mano all’ Islam”. Insomma la sua è una difesa appassionata di Lefebvre: “ torno all’inizio. Io non sono credente e di Chiesa, e quindi reputo certi postulati cattolici assolutamente inaccettabili. Ma se la Chiesa li ha messi, se esistono, penso che i credenti li debbano osservare ciecamente e senza discutere. La Chiesa, in sostanza, sia dogmatica e conservatrice, rispettosa gelosamente della tradizione ,se vuole vivere. Altrimenti sarà costretta a cedere allo spirito del mondo”.
Però i lefebvriani criticano il Concilio Vaticano II: “ a mio giudizio qualche ragione concreta la hanno. Intanto dopo il Concilio, la vera liturgia cattolica è andata a farsi benedire. Lo stesso Papa attuale, Benedetto XVI ha corretto alcune interpretazioni del Vaticano II come rottura con la tradizione confermando, in un certo modo, la sua predilezione verso la salvaguardia del patrimonio della Chiesa e l’idea di restaurazione nel senso etimologico del termine. Poi, mi passi lo sfogo che forse mi censurerà..”.
Censuriamo gli insulti, mai le idee, avanti: “ trovo pieno di retorica e francamente insopportabile, la definizione data a Giovanni XXIII di Papa Buono”. In che senso: “ ma scusi, se esiste un Papa Buono, gli altri che, sono cattivi?. Per caso Pio X o Pio XII o gli altri picchiavano i bambini, ma mi facciano il piacere. Non esiste un Papa Buono, per i veri cattolici ogni Papa è buono e rappresenta un punto di riferimento”. Il teologo Gennari, ha definito la revoca della scomunica come uno schiaffo a Giovanni Paolo II: “ l’espressione mi pare esagerata. Diciamo che Papa Ratzinger, con molto buon senso storico, ha corretto una ingiustizia sostanziale compiuta allora, anche se formalmente giustificata dal diritto canonico. Insomma è stato messo un rimedio ad un vizio dogmatico”.
Dunque, per lei la Chiesa si identifica con la tradizione: “ sicuramente. Quando si allora dai binari del dogma e della tradizione e dal rispetto fedele alle origini, la Chiesa deraglia e lo spirito dei tradizionalisti è votato al bene e non al male. Prenda la liturgia”. In che senso?: “ la Messa post conciliare è la negazione della idea del mistero. Si pretende di spiegare ciò che per natura non lo è. La Messa, per coloro che ci credono e ci vanno, è adorazione, sacrificio,mistero. Non è giusta la pretesa di voler capire tutto. Da questo punto di vista la posizione dei tradizionalisti, mi creda, non fa una piega”.
E aggiunge: “ la messa moderna, quella di Paolo VI, è nata con l’idea ecumenica, di accontentare anche i protestanti, bisogna riconoscerlo. Per esempio, lo scambio della pace. Ma mi spiega lei per quale ragione mai devo dare la pace formale se magari dentro covo odio o rancore verso il mio vicino?. E’ il trionfo della ipocrisia buonista”. Dunque favorevole al ritiro della scomunica?: “ come non credente la cosa non mi turba in un senso o nell’altro. Da storico ed intellettuale dico che è una cosa sensata ,che corregge una colossale ingiustizia storica. La chiesa sia dogmatica e rispettosa della sua tradizione, se vuole vivere”.

sabato 24 gennaio 2009

GIUSTIZIA E' FATTA!!! RIMESSA LA SCOMUNICA!!!VIVA IL PAPA!VIVA LEFEBVRE!


Con lettera del 15 dicembre 2008 indirizzata a Sua Em.za il Sig. Cardinale Dario Castrillón Hoyos, Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, Mons. Bernard Fellay, anche a nome degli altri tre Vescovi consacrati il giorno 30 giugno 1988, sollecitava nuovamente la rimozione della scomunica latae sententiae formalmente dichiarata con Decreto del Prefetto di questa Congregazione per i Vescovi in data 1° luglio 1988. Nella menzionata lettera, Mons. Fellay afferma, tra l'altro: "Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione".

Sua Santità Benedetto XVI - paternamente sensibile al disagio spirituale manifestato dagli interessati a causa della sanzione di scomunica e fiducioso nell'impegno da loro espresso nella citata lettera di non risparmiare alcuno sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto a una piena e soddisfacente soluzione del problema posto in origine - ha deciso di riconsiderare la situazione canonica dei Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta sorta con la loro consacrazione episcopale.

Con questo atto si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione.

Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa con la prova dell'unità visibile.

In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il 1° luglio 1988, mentre dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall'odierna data, il Decreto a quel tempo emanato.

Roma, dalla Congregazione per i Vescovi, 21 gennaio 2009.

Card. Giovanni Battista Re

Prefetto della Congregazione per i Vescovi